Sicure, belle e nuove ma anche fonte di infiniti grattacapi. In particolare per una serie di dubbi emersi nelle scorse settimane sull’effettiva restituzione di tutti gli importi ammessi al finanziamento. Sui fondi dell’edilizia scolastica si è rischiata infatti una mezza rivolta di sindaci. Da Roma giurano che ogni incertezza sarà sciolta al più presto, anche grazie al portale appositamente dedicato che fornirà anche una serie di Faq sulle domande che rimbalzano ormai da un capo all’altro dello Stivale. Sul banco degli imputati i meccanismi trasferimento dei fondi dell’operazione Scuole sicure avviata dal governo Letta con il Decreto del Fare e delle successive operazioni Scuole Belle e Scuole Nuove rilanciate da Renzi che, insieme, movimentano oltre un miliardo di euro e cantieri in più di 20mila edifici.

La prima ha preso il via lo scorso gennaio e quasi tutte le 662 scuole che hanno ottenuto i fondi hanno provveduto all’avvio dei cantieri che dovevano partire tassativamente entro il 28 febbraio, pena la perdita dell’intero finanziamento. Ma l’operazione si porta dietro ancora oggi, a cantieri spesso già chiusi, alcune incognite che stanno mandando nel panico gli amministratori. C’è chi denuncia il rischio di un pesante disavanzo perché da Roma, a lavori ormai eseguiti, viene prospettata la possibilità di decurtazione di alcune voci come l’Iva e le spese tecniche, che erano comprese nel finanziamento accordato. Col rischio per l’ente di non poter pagare le imprese o di farlo con fondi propri, rischiano di andare in rosso. A sollevare il problema è stato un piccolo comune delle Marche che ha innescato una poderosa catena di Sant’Antonio. Per una settimana i telefoni degli uffici del Gabinetto del Miur hanno suonato di continuo.

E c’è chi pone invece il problema della destinazione del ribasso: l’ente che è riuscito a risparmiare soldi grazie all’aggiudicazione più conveniente, dovrà restituirlo allo Stato o potrà usarlo per completare l’opera? A Locri si attendeva una parola chiara dal Ministero prima di aprire il cantiere. Non meno complicata la gestione dell’operazione Scuole belle, con una dote da 450 milioni, che è appena partita. I sindaci, in questo caso, non toccano palla perché la richiesta e l’erogazione dei fondi fanno capo direttamente ai dirigenti scolastici. Ma alcuni comuni proprietari degli edifici temono di vedersi recapitare, prima o poi, fatture per materiali, Iva e quant’altro non sia stato preventivamente incluso negli appalti avviati dalle scuole, con uscite non previste per le casse del municipio.

Aspettando le faq al ministero fioccano dunque richieste di chiarimenti su tutta la linea. Tanto che si è dovuto mobilitare il sottosegretario Roberto Reggi per rassicurare quanti erano pronti a restituire la fascia di primo cittadino. Scuole belle sì, ma senza sindaco e coi cantieri nel caos. Ecco cosa si stava rischiando secondo il primo cittadino di Appignano del Tronto, provincia di Ascoli Piceno che ha inoltrato a tutte le istituzioni interessate un segnalazione sulla “gravissima situazione dei finanziamenti per l’edilizia”. Maria Agostini aveva un diavolo per capello. Gli uffici tecnici del comune le hanno segnalato che il Miur ha chiesto di rendicontare non solo gli importi dei lavori già fatti ma anche le voci relative all’ammontare del ribasso della gara d’appalto, l’importo di aggiudicazione e quello contrattuale, compresi gli oneri di sicurezza. “Speriamo di aver capito male noi ma se la richiesta è volta, come abbiamo capito, a decurtare le ultime voci noi ci rimettiamo 180 mila euro perché il finanziamento che ci era stato accordato da 291mila verrebbe ridotto a 130. E ora le imprese che hanno lavorato chi le paga? Se sono a carico nostro il Comune va in disavanzo e io restituisco la fascia di sindaco”. Da lì è scattato l’allarme generale. I telefoni si sono fatti roventi. Analoga preoccupazione hanno espresso i sindaci di Locri, Apecchio, Monte San Pietrangeli. E altri ancora.

Al fondo della vicenda, si è poi capito, non ci sarebbe stato il temuto “scippo”, quanto le incomprensioni su alcuni passaggi particolarmente delicati delle procedure di controllo finalizzate all’erogazione finale dei fondi. “In realtà è stato un malinteso – spiegano dal Gabinetto del Ministro – chiedevamo il quadro economico completo per verificare il ribasso d’asta che effettivamente non sarà pagato, perché per legge tornerà allo Stato e alle regioni per finanziare le altre scuole rimaste escluse dalla graduatoria”. In sostanza negli appalti pubblici è prassi che il massimo ribasso ottenuto dagli enti locali venga poi “mangiato”, letteralmente, dalle varianti in corso d’opera. Così le imprese riprendono lo sconto e il Comune le fa lavorare. La legge 69/2013, spiegano dal Ministero, con l’art. 18 ha imposto invece la restituzione integrale di quella quota. Ma non tutti sono disposti ad accettarne tacitamente le conseguenze.

E’ il caso, si diceva, di Locri. Giovanni Calabrese guida un comune in rosso per 10 milioni. Per la scuola Maresca ha appena ricevuto l’ok del ministero a un intervento da 350mila euro. “Non abbiamo iniziato i lavori per prudenza (e per le condizioni in cui versa l’ente, ndr) anticipando fondi comunali, ma ora che emergono questi dubbi attendiamo una parola chiara dal Miur. Altrimenti i lavori non partono”. Ma se nel frattempo è arrivata la schiarita su Iva e spese tecniche, resta aperta la questione del ribasso d’asta. “I regolamenti sugli appalti pubblici indicano un 5% di imprevisti sui costi dell’intervento. Normalmente il ribasso ottenuto in fase di gara resta all’ente per provvedere alle migliorie dell’opera o eventuali incongruenze tra la progettazione su carta e il cantiere a terra. Se ora mi dicono che quel ribasso, che per noi è stato del 35% ovvero quasi 100mila euro, non sarà lasciato al Comune come potremo avere la certezza di completare l’intervento?”.

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