Nelle classifiche di vendita dei digital download e dei cd, in questo periodo in Italia ci sono Alessandro Mannarino ed Emis Killa, Davide Van de Sfroos e Pierpaolo Capovilla, oltre a Lo Stato Sociale e tanti altri, ennesima dimostrazione del valore della produzione indipendente italiana. Purtroppo, però, molte associazioni ed operatori denunciano da tempo che mentre il 70% del mercato nazionale compra italiano, invece radio e tv diffondono il 70% di musica straniera causando la perdita di 45 milioni di euro di diritti ogni anno che volano all’estero. Vi è la necessità, al riguardo, di sostenere con incentivi fiscali i media che si impegnano a diffondere quote di nuova musica italiana in tv e radio, secondo il modello francese.

La difesa e lo sviluppo dell’intera filiera italiana della creatività passa anche dalla capacità economica degli attori che la compongono: case discografiche, artisti ed interpreti, compositori ed autori, editori musicali. Questi soggetti, infatti, oggi sono pesantemente penalizzati nel confronto con i loro colleghi europei (tedeschi e francesi in primis), perché non sono in condizione di competere ad armi pari, senza sgravi fiscali e senza quote di produzione nazionale in radio e tv.

Ci sono alcuni problemi da tempo sul tappeto che devono trovare una soluzione rapida. L’avvento anche in Italia dello “streaming” e del “clouding” rafforza il principio della copia privata, in quanto entrambi i servizi sono direttamente collegati alle capacità di memoria dei device (computer, tablet, smartphone, etc…) utilizzati per l’ascolto anche in modalità “offline”. Quindi bisogna, al più presto, adeguare i compensi per copia privata alla media europea, secondo i dati forniti dal comitato consultivo del Mibac. Proprio il dicastero del ministro Franceschini dovrebbe far carico di un tavolo di lavoro comune con l’intero mondo dell’industria digitale incluso quella telefonica (Google, Youtube, Faceboook, Twitter, Spotify, Deezer, Samsung, Nokia, iTunes, Apple, etc…) composta da multinazionali che non dialogano e non si confrontano minimamente con gli operatori culturali italiani, ma si limitano a renderli partecipi dei loro introiti in maniera marginale e non equa, imponendo di fatto i loro contratti e quindi le loro strategie. Queste multinazionali del digitale, che lavorano in Italia con il mondo della musica, debbono rendersi disponibili per un incontro, promosso dal Mibac, sulle modalità etiche del rapporto con i fornitori italiani dei loro contenuti (e sul pagamento delle tasse in Italia) per riconoscere finalmente un equo valore alla filiera dei creativi di contenuti culturali, per fare investimenti etici con una percentuale dei loro utili da destinare al settore sostenendo eventi, premi, etc.

Occorre, poi affermare il principio che la copia privata è un “equo compenso” da riconoscere ai “lavoratori dei contenuti” e non una tassa da far pagare ai consumatori.

Per le risorse raccolte in più con la copia privata, oltre a destinarne la maggior parte agli aventi diritto, occorre prefigurare un percorso virtuoso di investimenti che permetta di operare per un sostegno che incentivi la crescita economica del comparto e garantisca il futuro della musica del nostro Paese.

Un’altra idea importante potrebbe essere una forte battaglia culturale intitolata “la musica è lavoro” che faccia percepire agli italiani come la Musica (cosi come il Cinema, la Letteratura e tutte le Arti) è un lavoro a tutti gli effetti e come tale va retribuito perché incide positivamente sul Pil del Paese. Proprio in virtù di questo convincimento bisognerebbe mettere in campo risorse per favorire convegni itineranti, inserzioni, spot, festival; un fondo di sostegno alla Rai e ai privati per promuovere la musica italiana di qualità durante l’anno nelle più importanti manifestazioni televisive come in fondamentali Sanremo e il Primo Maggio (ma anche Castrocaro, i Music Awards e i tanti spesso poco utili premi estivi)  e per realizzare le “cento vetrine” delle tante musiche originate nel Paese facendole lavorare in modo coordinato (Mei, Premio Tenco, Musicultura, La Notte della Taranta, Arezzowave, Genova per Voi, Premio Ciampi, etc…). Quindi, in sintesi, occorre cogliere questa occasione per realizzare con una consistente parte dell’equo compenso un “sistema musica” che possa ritrovarsi concordemente in un tavolo di lavoro istituito presso il Ministero per i Beni Culturali, con la collaborazione della Siae, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo della cultura musicale in Italia.

di Giordano Sangiorgi, presidente Mei

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