Una interrogazione al ministro dell’Interno Angelino Alfano per sapere perché il Viminale non abbia ancora dato il via libera per la concessione della medaglia d’oro al valor civile ad uno dei suoi uomini migliori: l’attuale questore di Piacenza Rino Germanà, che nel ’92, in piena stagione stragista, fu vittima di un attentato da parte di Cosa Nostra. “In lui – scrivono i deputati del Pd Pippo Civati e Davide Mattiello – si coniugano passione civile e coraggio, poliziotto dall’accorata passione civile, che è di esempio ed incoraggiamento per tutti coloro che hanno avuto la fortuna di incontrarlo”.

Tutto questo però stride con il fatto che il più prestigioso dei riconoscimenti non viene ancora assegnato. “Una medaglia d’oro anche per dire che la lotta alla mafia che il Governo dice di voler fare la fa per davvero”. Germanà ha tutti i meriti per ottenere il riconoscimento, almeno stando alla legge 13, del 2 gennaio 1958, che prevede che “le ricompense al valor civile sono istituite per premiare atti di eccezionale coraggio”. Ma a secondo i deputati Civati e Mattiello ha anche tutti i titoli perché possa essere direttamente impiegato nella lotta alle nuove mafie, quelle che non sparano ma che tengono le chiavi di tante casseforti segrete.

Quella del questore Germanà è una carriera lunga e controversa. Iniziò alla Digos ad Enna, prima di diventare dirigente delle Squadre Mobili di Agrigento e Trapani, a capo della Criminalpol siciliana, braccio destro di Paolo Borsellino sia quando era procuratore a Marsala sia quando divenne procuratore aggiunto a Palermo. Lavorarono insieme su indagini delicate: omicidi di mafia, massoneria, traffico internazionale di droga. Ma si concentrarono anche sugli intrecci tra mafia, politica e banche, fino a scoprire il vero peso criminale che Matteo Messina Denaro aveva nell’organigramma di Cosa nostra siciliana.

Proprio durante queste indagini, il Viminale lo rimandò a fare il commissario a Mazara del Vallo, un trasferimento anomalo per un funzionario del suo grado. A Mazara, poco tempo dopo il suo arrivo, il 14 settembre 1992 un commando mafioso tentò di ucciderlo. Germanà riuscì a sfuggire a killer del calibro di Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano, che gli tesero un agguato sul lungomare di “Tonnarella”, sparando colpi di kalashnikov contro la sua auto. Si salvò grazie alla sua prontezza.

Il ministro Mancino la sera stessa lo accolse al Viminale e si complimentò con lui davanti alle telecamere di tutti i tg nazionali, ma da allora in poi la sua esperienza contro la mafia siciliana restò inutilizzata. Divieto di tornare in Sicilia, quasi dimenticato tanto da subire alti e bassi durante la sua carriera, prima di diventare questore. Come dimenticato oggi è il riconoscimento della medaglia che da tempo avrebbe dovuto ricevere. A chiedere il riconoscimento prestigioso a Germanà è stata anche nel giugno scorso l’associazione nazionale funzionari di Polizia, con il segretario Enzo Marco Letizia. Un appello indirizzato anche al presidente Napolitano: tocca a lui appuntare la medaglia sul petto del questore Germanà.

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