È guerra tra i produttori di energie rinnovabili e il Governo. L’ennesima gabella applicata al settore, proprio non va giù ad Assorinnovabili e all’Associazione Nazionale Energia del Vento, l’Anev, che hanno fatto ricorso contro una direttiva varata mesi fa dall’Autorità per l’energia elettrica. Col provvedimento numero 281 viene chiesto infatti a chi produce energie da fonti rinnovabili, poi immessa nella rete di distribuzione nazionale, di versare all’erario una parte dei ricavi che si prevede possano essere ottenuti da produzioni energetiche ancora a venire. Come nel caso del famigerato anticipo dell’Iva, gli imprenditori che cercano di fare business producendo elettricità dal sole, dal vento e dalle biomasse, dovranno pagare subito una percentuale di quanto si pianifica verrà realizzato nella stagione futura.

A mettersi di traverso a un provvedimento del genere c’ha pensato in primis chi rappresenta i produttori di energia eolica in Italia. All’Anev, infatti, si sono chiesti: “Senza prevedere con esattezza quanto vento spirerà nei punti dove gli impianti sono installati (cosa che evidentemente è possibile fare solo con la sfera di cristallo), com’è possibile calcolare quanto dare al fisco?” Ma l’Autorità per l’energia elettrica ha trovato subito una soluzione, imponendo agli imprenditori dell’eolico di versare – come cifra forfettaria – 3 euro per ogni Mega watt ora immesso nella rete nazionale di distribuzione dell’energia elettrica. Sul piatto ci sono circa 450 milioni di euro dei quali l’eolico italiano dovrebbe fare a meno, a favore dell’erario.

“Ma in un momento come questo – dice Simone Togni, imprenditore del settore e presidente dell’Anev – di stagnante crisi economica e di richiesta energetica in diminuzione, un tale provvedimento rischia di affossare definitivamente un settore già in asfissia. Ecco perché abbiamo deciso di ricorrere al Tar della Lombardia contro la direttiva dell’autorità”. E la giustizia amministrativa, almeno per il momento, ha dato ragione ai produttori di eolico, che evidentemente si sentono danneggiati da un provvedimento che in una teorica assenza di vento li costringerebbe a pagare per un profitto che non arriverebbe mai. L’autorità per l’energia elettrica però non molla ed è ricorsa in appello.

Anev è stata affiancata da Assorinnovabili nella causa amministrativa, ma non dalle associazioni che rappresentano i produttori di energia fotovoltaica. “Per loro – spiega Togni – prevedere la produzione di energia è molto più semplice. Infatti per le ore diurne (facilmente prevedibili) le cellule fotovoltaiche funzionano e generano elettricità ed in quel lasso di tempo tutto si può calcolare con relativa precisione. Diverso, come spiegavo, il nostro caso”.

Ma Anev ha fatto qualcosa di più. Ha colto l’occasione per formulare la precisa richiesta di una fiscalità più agevolata nei loro confronti. Togni ha incontrato il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, ai recenti Stati Generali della Green Economy 2013, che si sono svolti a Rimini il 6 novembre scorso. Qui ha chiesto più sgravi sulle tasse a fronte di meno incentivi dati “a pioggia”.

L’Italia deve rispettare l’obbligo che l’Unione europea gli ha imposto. Ovvero quello di arrivare, entro il 2020, a produrre almeno il 38 per cento della propria energia elettrica da fonti rinnovabili. Per questo obiettivo il Governo ha di recente rinnovato l’incentivo di 12 miliardi di euro per la realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici, eolici, a biomasse e altro. “Queste sovvenzioni – ricorda Togni – sono però distribuite in questo modo: 7,7 miliardi vanno al fotovoltaico, il resto della torta se lo devono dividere gli imprenditori che utilizzano altri tipi di produzioni. All’eolico rimane così un miliardo o poco più dell’incentivo originario”.

Eppure, sempre secondo il presidente di Anev, l’eolico costa meno a fronte di un elevato potenziale di produzione garantito. È però piuttosto indietro rispetto a quanto dovrebbe arrivare a immettere nella rete entro il 2020. Dei 13 mila Mega watt che dovranno essere installati, oggi ne contiamo poco più della metà: 8 mila. Ma il settore da lavoro a circa 37 mila addetti. Un mondo oggi messo in pericolo da una fiscalità sempre più vorace. Cosa che purtroppo, in Italia, accomuna in molti.

Articolo Precedente

Terra dei fuochi: ‘l’uomo del Sud che sotterra i rifiuti nel proprio terreno’

next
Articolo Successivo

Ilva, la storia che Vendola non racconta

next