Via libera alla cooperazione e allo scambio di informazioni finanziarie tra il Vaticano e l’Italia. L’Autorità di Informazione Finanziaria (AIf) della Santa Sede ha firmato, il 26 luglio scorso, un Protocollo d’intesa con la propria controparte italiana, l’Unità di Informazione Finanziaria (Uif) della Banca d’ Italia. Il Protocollo, come riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana, è stato siglato a Roma dal cardinale Attilio Nicora, presidente dell’Aif, e da Claudio Clemente, direttore dell’Uif.

“Quella del protocollo d’intesa – riferisce la nota vaticana – è una prassi standard e formalizza la cooperazione e lo scambio di informazioni finanziarie fra autorità competenti dei paesi coinvolti, ai fini del contrasto a livello internazionale del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Il Protocollo firmato – prosegue la nota – è stato redatto sulla base del modello predisposto dall’Egmont Group, l’organizzazione mondiale delle Unità di Informazione Finanziaria nazionali e contiene clausole di reciprocità, riservatezza e sugli utilizzi consentiti delle informazioni”. Per il direttore dell’Aif René Brülhart “la Santa Sede e lo Stato della Città del Vaticano prendono molto seriamente le responsabilità internazionali in materia di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo e l’Italia rappresenta per noi una controparte particolarmente importante in questo senso. Ci auguriamo – ha concluso Brülhart – di continuare a svolgere il nostro lavoro con le Autorità italiane in maniera costruttiva e fruttuosa. La firma di questo Protocollo d’intesa rappresenta il chiaro impegno a rafforzare il nostro rapporto bilaterale, facilitando gli sforzi comuni e la lotta al riciclaggio”.

L’Aif è diventata membro dell’Egmont Group all’inizio del mese di luglio e negli ultimi mesi ha sottoscritto protocolli d’intesa con le unità di informazione finanziaria di Stati Uniti, Belgio, Spagna, Slovenia e Paesi Bassi. La notizia è stata comunicata dalla Sala Stampa vaticana in contemporanea con il ritorno a Roma di Papa Francesco che, prima di lasciare il Brasile, ha rilasciato un’intervista esclusiva a Gerson Camarotti di GloboNews. “Nella Curia romana – ha affermato Bergoglio rispondendo alle domande del giornalista – ci sono molti santi: cardinali santi, vescovi santi, sacerdoti, religiosi, laici santi, gente di Dio che ama la Chiesa. Ma fa molto più rumore un albero che cade che non una foresta che cresce. Si notano di più gli scandali. Ora – ha aggiunto il Papa – ne abbiamo uno: uno scandalo di un trasferimento di dieci o venti milioni di dollari da parte di un monsignore (Nunzio Scarano, ndr): bel favore che ha fatto alla Chiesa questo signore, no? Però bisogna riconoscere che questo signore ha agito male e la Chiesa gli deve dare la sanzione che merita. Ci sono casi di questo tipo”.

Evidentemente Papa Francesco non crede alle giustificazioni che Scarano gli ha scritto dal carcere di Regina Coeli, dove si trova dallo scorso 28 giugno, in una lettera di tre pagine datata 20 luglio 2013. “Nel momento del conclave – ha svelato il Papa nell’intervista – prima ci sono quelle che si chiamano congregazioni generali: una settimana di riunioni in cui si parla chiaramente dei problemi, si parla di tutto, stavamo da soli, per vedere come è la realtà e decidere il profilo del prossimo Papa. E lì si è parlato di problemi seri, derivati da quello che in parte si conosce come Vatileaks. C’è un problema di scandali”. Per la prima volta il termine Vatileaks, coniato dal portavoce vaticano padre Federico Lombardi, entra nel lessico pontificio. Ma Francesco guarda anche al lavoro di riforma della Curia romana chiesto con insistenza dai cardinali elettori. “Durante le congregazioni generali che hanno preceduto il conclave – ha spiegato Bergoglio – si è parlato anche di alcune riforme funzionali necessarie e si chiese che il nuovo Papa formasse una commissione di outsider per studiare il problema della riorganizzazione della Curia romana. Un mese dopo la mia elezione – ha aggiunto Francesco – io ho nominato questa commissione di otto cardinali, uno di ogni continente, per l’America due, uno del nord America e uno del sud America, con un coordinatore che è anche latinoamericano e un segretario italiano. Già ho avuto molti documenti – ha svelato il Papa – che noi stiamo esaminando e ci passiamo tra di noi. Terremo la prima riunione ufficiale l’uno il due e il tre di ottobre. In quell’occasione si vedranno alcuni modelli. Non credo che ci saranno decisioni definitive perché la riforma della Curia è una cosa molto seria e le proposte quando sono serie vanno maturate. Calcolo che saranno necessarie due o tre incontri prima di una vera riforma. I teologi, d’altro canto, dicono ‘Ecclesia semper reformanda‘. Quindi non c’è solo lo scandalo Vatileaks che tutti conoscono ma la Chiesa va sempre riformata. Ci sono cose che servivano nel passato, in altre epoche, e che ora non servono più e vanno riaccomodate. La Chiesa è dinamica e risponde alla vita. Di tutto ciò si è parlato nelle riunioni di cardinali”.

Ma il Papa, con i settanta giornalisti del volo papale, ha toccato anche tanti altri aspetti importanti dei suoi primi cinque mesi di pontificato. Nei confronti di monsignor Ricca, nominato da Bergoglio prelato dello Ior e accusato da alcuni organi di informazioni di essere tra i protagonisti della lobby gay, Francesco ha detto di aver “fatto quello che il diritto canonico dice di fare: ho fatto la ‘investigatio previa’ e in questa non c’è niente di ciò di cui lo accusano, non abbiamo trovato niente”, proprio come aveva scritto in totale solitudine ilfattoquotidiano.it. E sulle lobby gay il Papa ha affermato che non spetta a lui “giudicare” gli omosessuali.

“Le lobby tutte non sono buone”, ha chiarito Bergoglio, ma non si devono “emarginare” le persone omosessuali che devono invece essere integrate nella società”. Nell’intervista a GloboNews Francesco ha affrontato il problema sicurezza che si è verificato fin dal suo arrivo, una settimana fa, in Brasile. “Non ho paura – ha detto il Papa – sono incosciente, ma non ho paura. Nessuno muore vigilando. Quando mi tocca quello che Dio vuole, così sarà”. E ha raccontato anche che “prima di iniziare il viaggio sono andato a vedere la papamobile che doveva venire qui. Era tutta vetri. Se lei va a visitare degli amici, ci va dentro una casa di vetro? No. Io non posso venire a trovare questo popolo che ha un grande cuore dentro una casa di vetro. In questa auto (usata in Brasile, ndr) quando viaggiavo abbassavo il finestrino per poter stringere le mani e salutare. Ho detto: o tutto o niente. O uno fa un viaggio come deve farlo, con comunicazione umana, o non lo fa. Una comunicazione a metà non va bene. Io apprezzo, e su questo voglio essere molto chiaro, apprezzo la sicurezza del Vaticano – ha proseguito il Papa – come hanno preparato il viaggio, la cura che hanno avuto, e apprezzo la sicurezza del Brasile, l’apprezzo molto, perché lavorano per evitare che mi accada qualcosa di sgradevole, perché può succedere che qualcuno mi dia una pugnalata o cose del genere. I due apparati di sicurezza hanno lavorato molto bene. Però entrambi sanno – ha concluso Francesco – che io sono indisciplinato da questo punto di vista. Ma non per fare l’enfant terrible, no, ma solo perché vengo a visitare le persone e voglio trattarle come persone”. E, infine, un messaggio attesissimo dai fedeli: le canonizzazione di Wojtyla e di Roncalli slitteranno molto probabilmente alla festa della divina misericordia che cade in primavera.

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