Tutto pronto, tutto cronoprogrammato, ma questa mattina al Senato è mancato il numero legale – con conseguente slittamento – per il voto sulla richiesta di dichiarazione d’urgenza per il ddl costituzionale che istituisce il Comitato parlamentare per le riforme costituzionali. Il Senato ha poi approvato ma le polemiche, anche interne al centrodestra, non mancano. E sulla questione è intervenuto anche il presidente della Repubblica: ”Il Governo operi serenamente; il Parlamento faccia serenamente e con lungimiranza la sua parte; le forze politiche non cadano in convulsi e meschini calcoli di convenienza di qualsiasi specie. Ne va della credibilità del nostro Paese” afferma Napolitano durante il suo intervento alla conferenza dei prefetti. “La condizione perché questa sfida (le riforme, ndr) trovi via via risposte soddisfacenti è la stabilità politica e istituzionale. Non c’è bisticcio o contraddizione tra stabilità e riforme. Le riforme – concretamente quelle che la commissione di studio appena insediatasi prospetterà e subito dopo il comitato parlamentare metterà in cantiere – sono ovviamente l’opposto di un approccio conservatore, di una comunque motivata o camuffata difesa dell’esistente”. ”Il rinnovamento istituzionale non è separabile dal rinnovamento politico. Il rinnovamento istituzionale non è separabile dal rinnovamento politicoE quest’ultimo non può prescindere da un rinnovamento morale che l’estensione di questa piaga antica della corruzione nella vita politica e amministrativa impone categoricamente”. 

La richiesta d’urgenza “dà attuazione agli indirizzi contenuti nelle mozioni approvateil 29 maggio che evidenziavano la necessità di definire una procedura straordinaria e urgente che potesse dare tempi certi e idonei alla riforma della seconda parte della Costituzione” aveva detto il ministro  per le Riforme Gaetano Quagliariello, intervendo in aula prima del voto sull’urgenza, sottolineando che non c’è alcun rapporto tra la durata del cammino delle riforme e del governo. Ma questa urgenza non piace al collega di partito ed ex presidente di Palazzo Madama Renato Schifani che bolla l’urgenza come “inopportuna” e il termine di 18 mesi per l’iter delle riforme “sa di commissariamento del Parlamento” e di “sfiducia” nei suoi confronti. Schifani critica, ma premette che il gruppo voterà comunque sì alla richiesta. E così il via libera è arrivato. 

Loredana De Petris, capogruppo al Senato di Sel, è d’accordo con il presidente dei senatori Pdl perché fissare i tempi dell’iter parlamentare è “inopportuno” e un “vulnus” ai regolamenti, ma non si dice  d’accordo con Schifani sul sì che comunque è stato dato dal Pdl alla richiesta d’urgenza: “L’abbreviazione dei tempi contenuta nel ddl e che viene ancor più accelerata dalla richiesta del governo è una violazione dell’articolo 138. Si viola l’autonomia e la libertà del Parlamento quindi votiamo no a questa richiesta. Anche il presidente Schifani sia coerente con quanto ha detto e non la voti”.

“Questa mattina abbiamo chiesto la verifica del numero legale sulla votazione per la procedura d’urgenza sull’iter del disegno di legge per la revisione della Costituzione. Come noto, il numero legale non c’era a dimostrazione che questa maggioranza anche sulle riforme, tanto propagandate e chieste a parole, non riesce ad essere compatta fallendo persino la prima prova: quella di garantire la presenza in Aula” dice Massimo Bitonci, presidente della Lega Nord al Senato.

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