Coprifuoco e stato di emergenza a Port Said, Suez e Ismailia per 30 giorni. Così il presidente egiziano Mohammed Morsi tenta di riportare la calma nelle città che da sabato scorso, giorno della condanna a morte per 21 imputati nel processo per la strage dello stadio di Port Said, sono esplose in una delle più violente guerriglie urbane del dopo rivoluzione.

“Sono contro le procedure eccezionali ma in questo caso sono costretto a prenderle per il bene della nazione” ha spiegato Morsi nel suo discorso trasmesso dalla tv di Stato. Le disposizioni del presidente egiziano sono arrivate in tarda serata dopo l’ennesima giornata di caos e violenza. A Port Said i funerali delle vittime, secondo testimoni oculari, sono stati attaccati con dei gas lacrimogeni provenienti da un’accademia militare. La guerriglia urbana è andata avanti per tutta la giornata tra manifestanti e polizia provocando portando il bilancio dei due giorni di protesta a quasi 50 vittime. Anche al Cairo continuano gli scontri scoppiati quattro giorni fa a ridosso della manifestazione contro i Fratelli Musulmani nel secondo anniversario della rivoluzione. Nelle strade tra piazza Tahrir e il ministero dell’Interno, la polizia ha continuato il lancio di gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti creando forti disagi nella capitale a causa del blocco delle 2 linee della metropolitana e della chiusura di una delle più grandi arterie stradali.

Il ritorno dello stato d’emergenza getta una grossa ombra sui super poteri che questo provvedimento conferisce alla polizia e riporta indietro il paese a una situazione ben conosciuta durante la dittatura di Mubarak. Lo stato d’emergenza, infatti, fu imposto in tutto il paese dopo l’assassinio dell’allora presidente Anwar al Sadat nel 1981 e rimase applicato ininterrottamente sino allo scorso anno quando il Consiglio Militare Supremo, allora al potere, decise di sospenderlo alla vigilia del primo anniversario della rivoluzione. L’utilizzo da parte di Morsi di uno strumento abusato dal precedente regime è ritenuto da molti oppositori e attivisti per i diritti umani un triste déjà vu. “Ora chi vive nelle tre cittadine egiziane può essere arrestato e tenuto in commissariato solo perché ha una faccia sospetta”, scrive su Twitter, a commento del discorso del capo di stato, Heba Morayef, direttrice egiziana di Human Rights Watch. Secondo la nuova Costituzione, votata lo scorso mese, la proposta è stata approvata dalla camera alta (il consiglio della Shura) che ora detiene il potere legislativo dopo lo scioglimento della Camera Bassa lo scorso giugno per un vizio di forma nella legge elettorale. D’ora in avanti dunque i militari avranno potere di arresto.

Morsi nel suo discorso ha inoltre invitato al dialogo 11 partiti politici tra cui i due maggiori leader dell’opposizione e nomi di punta del Fronte di Salvezza Nazionale, Mohammed El Baradei e Hamdeen Sabahi. L’incontro è previsto oggi al palazzo presidenziale alle 6 del pomeriggio ma non è certo se El Baradei e Sabahi prenderanno parte ai colloqui. Il Fronte di Salvezza nazionale ha, infatti, rigettato diverse volte gli inviti del capo di Stato egiziano e ha posto delle condizioni che per il momento sembra non siano state accolte da Morsi. Per ora il dialogo politico, che è stato ampiamente caldeggiato anche dal’ex membro dei Fratelli Musulmani ed ex candidato alle presidenziali Abdel Moneim Aboul Fotouh, sembra essere l’ultima speranza per trovare una soluzione a una crisi politica che segna l’ennesimo calo di consenso verso il governo di Morsi sempre più in difficoltà nel governo del paese.

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