La storia di Cristina Fallarás è la storia di altri 400mila spagnoli. Solo un po’ più documentata, questo sì. Quarantaquattro anni, madre di due figli di 4 e 10 anni, è scrittrice e giornalista da 25 anni. Poche ore prima di scendere in piazza per seguire la mobilitazione internazionale del 14 novembre ha firmato la notifica di uno sfratto: il suo. Poi ha acceso il computer e ha scritto un articolo pubblicato sul quotidiano El Mundo. “Povera sì, ma con notizie da scrivere”, dice con orgoglio.

La lettera di sgombero esecutivo del tribunale di Barcellona, solleciatata dalla Banca Bilbao Vizcaya Argentaria, non le è arrivata inaspettata. Anche lei, come migliaia di spagnoli, è una cittadina insolvente. E senza stipendio. Licenziata quattro anni fa all’ottavo mese di gravidanza dal quotidiano Adn, dove era vicedirettrice, da tempo non riusciva più a pagare le rate del mutuo del suo appartamento di Barcellona. E la vita di giornalista precaria ed editrice di libri digitali, nonostante un curriculum “gordo” (ricco, ndr) – ha lavorato per testate come El Mundo, El Periódico de Catalunya, Adn, per le emittenti radiofoniche come Cadena Ser, Rne, ComRadio e anche in televisione per Antena 3 e canale Cuatro – non le consente più di arrivare a fine mese.

Non le è bastato nemmeno mettersi in proprio e dirigere la rivista online Sigueleyendo, né aver vinto, unica e prima donna, il premio internazionale El Hammett per i suoi romanzi noir. La scrittrice spagnola, che a breve sarà pubblicata in Italia dalla Feltrinelli, è entrata nel vortice della bolla immobiliare e del dramma degli sfratti esecutivi. “Pagavo 1.100 euro di mutuo. Il mio ex marito, anche lui scrittore, ha fatto il panettiere per un po’. Io ho cercato qualsiasi tipo di lavoro, ma non mi hanno voluta nemmeno come cameriera nei pub. Così ho venduto tutto l’oro che avevo a casa – racconta – Quest’anno prima mi hanno tagliato la luce, poi l’acqua. Infine è arrivata l’ingiunzione di sfratto”.

Cristina non ha mai smesso di scrivere e lavorare senza contratto. “Sono la prima di 8mila colleghi licenziati a finire per strada, solo perché ho cominciato prima degli altri”. Amici disoccupati, famiglia senza lavoro, suicidi all’ordine del giorno dei quali tiene il conto. Nel giro di poche ore la storia della giornalista spagnola ha fatto il giro del web. Proprio quando a Madrid il Consiglio dei ministri approvava una prima fase di misure urgenti: stop agli sfratti per chi non supera il reddito annuale di 19.164 euro e per chi paga una rata superiore al 50% delle proprie entrate nette. Ma anche per le famiglie numerose o con minori di 3 anni, monofamiglie con due figli minori a carico e persone malate che non hanno possibilità di lavorare. Questi cittadini “resteranno nelle proprie case senza alcuna spesa per due anni”, ha dichiarato il ministro dell’Economia Luis de Guindos, in accordo con la decisione dell’Associazione spagnola delle banche.

La vicepresidente del governo Soraya Sáenz de Santamaria ha annunciato inoltre la creazione di un fondo sociale di abitazioni – immobili pignorati dalle banche per insolvenza – da affittare a prezzi bassi per cittadini senza fissa dimora. Ma subito dopo l’annuncio è arrivato l’altolà da Bruxelles: per qualsiasi nuova regolamentazione nel settore finanziario bisogna consultare i tecnici della Commissione e la Banca centrale europea. Frattanto Cristina continua a mandare curricula. Perfino negli Stati Uniti, dove la invitano a tenere lezioni di letteratura. Ma di contratti nemmeno l’ombra. 

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