Cinema

“Appartamento ad Atene”: l’ambiguità di una famiglia ostaggio dei nazisti

Il film di Ruggero Dipaola, uscito venerdì 28 settembre nelle sale italiane, ha già ottenuto 27 riconoscimenti in tutto il mondo. I protagonisti, costretti a una convivenza coatta e claustrofobica fianco del nemico, non riescono a fare fronte comune contro il proprio aguzzino e si spaccano

di Alessandra Cardinale

“Colazione alle sei, in salotto. Cena alle sette in punto. Pulizia quotidiana delle mie stanze. Cambio lenzuola ogni tre giorni”. Sono gli ordini perentori pronunciati dal capitano nazista Kalter quando entra e occupa l’appartamento degli Helianos, una famiglia benestante che la guerra ha ridotto in condizioni di estrema povertà. Appartamento ad Atene, opera prima del regista Ruggero Dipaola, nasce da una storia realmente accaduta e raccontata dall’omonimo romanzo di uno dei più importanti scrittori americani tra le due Guerre, Glenway Wescott.

L’arrivo del capitano nazista, interpretato da Richard Sammel (attore nato e cresciuto a teatro ma reso celebre da Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino, Casino Royale e Taxxi) rivoluziona la vita e le abitudini degli Helianos. Ma c’è altro. La famiglia, costretta a una convivenza coatta e claustrofobica fianco a fianco con il nemico, non riesce a fare fronte comune contro il proprio aguzzino e si spacca a metà. Da una parte ci sono il padre, l’attore greco Gerasimos Skiadaresis (Il mandolino del Capitano Corelli di John Madden e Il passo sospeso della cicogna di Theo Angelopoulos), il primo a sottomettersi alle regole e alla cattiveria di Kaster, e la figlia dodicenne, affascinata dal tedesco e dalla sua divisa militare. Dall’altra, la madre, interpretata da Laura Morante, che esegue malvolentieri gli ordini –non si fiderà mai del nazista – e il figlio, l’undicenne Alex, il personaggio ribelle, provocatorio, che si rifiuta sin dall’inizio di riconoscere l’autorità di Kaster a cui però, nonostante le resistenze, non sarà difficile imporre il suo ordine. Il capitano ad un certo punto sarà costretto a tornare in Germania per due settimane. Al suo ritorno, la famiglia greca lo troverà più gentile e indulgente. Qualcosa è successo ma gli Helianos possono solo fare supposizioni fino a quando un evento stravolgerà ancora una volta la loro vita. “La cosa che mi interessava di più era l’esplorazione dell’ambiguità dei rapporti umani”, ha spiegato Dipaola, “ambiguità che spesso portano a logiche imprevedibili come succede nel film tra moglie e marito o tra i genitori e i figli e tra i figli e il capitano”. Delimitando il conflitto all’interno di una casa, il regista spiega che desiderava andare oltre il contesto storico, distaccarsene e “trasformare la narrazione in qualcosa di universale e senza tempo, privilegiando l’indagine del legame tra vittima e carnefice”.

Il film, uscito venerdì 28 settembre nelle sale italiane, ha già ottenuto 27 riconoscimenti in tutto il mondo. “Il lancio europeo è avvenuto nel novembre 2011 al Festival Internazionale del Film di Roma dove siamo stati premiati come miglior film nella sezione Vetrina dei Giovani Cineasti Italiani. Dopo abbiamo partecipato a 51 festival in Italia ma anche in America, in Sudafrica e in India” dice Dipaola. Un esempio su tutti: al NewPort Film Festival negli Stati Uniti, Appartamento ad Atene ha vinto su Terraferma di Emanuele Crialese portandosi a casa quattro premi: miglior film, miglior sceneggiatura (scritta da Dipaola con Heidrun Schleef e Luca De Benedittis), miglior attore protagonista e miglior fotografia (Vladan Radovic). Nonostante i premi, la distribuzione del film in Italia è stata ritardata da motivi tecnici. “Ci sono state fatte delle offerte”, ha spiegato Dipaola che alla fine ha fondato una sua casa di distribuzione, la Eyemoon Pictures, che distribuisce Appartamento ad Atene. “Ma queste offerte o non erano, secondo noi, commercialmente valide o erano finestre, come quella estiva, difficili per i film italiani. A quel punto mi sono voluto direttamente interessare alla distribuzione per questo ho fondato la Eyemoon Pictures”. Vero è, come dice Dipaola, che fare un film è come essere al timone di una nave impazzita in mezzo al mare in tempesta, ma forse alcune di queste opere meriterebbero una vita un po’ più facile.

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