Bisogna che l’Europa si occupi della trattativa Stato-mafia. Mi prendo l’impegno di seguire la storia a Bruxelles. Ma abbiamo bisogno di sostegno, dei cittadini e della stampa. È una battaglia che non si può fare da soli”. L’europarlamentare Sonia Alfano è nella sua Sicilia. Doveva essere in vacanza, invece sono giorni duri. Da ieri è senza scorta, almeno così ha chiesto: “Perché se lo Stato mi lascia le spalle scoperte per i miei colloqui con Provenzano, addirittura dicendo che potrebbero essere resi pubblici… insomma, se mi mette in pericolo e mi fa additare come bersaglio, non può nello stesso tempo proteggermi. Non lo accetto, anche per la sicurezza delle persone che mi proteggono”.

Onorevole, se in Italia non si riesce a dare risposta al giallo della trattativa, si può sperare nell’Europa?

Sì, anche se nel nostro Paese ti guardano male se porti le brutte storie dell’Italia in Europa. Ti dicono che vuoi sputtanarci. E invece è proprio il contrario.

L’Europa sa che cos’è la Trattativa? È informata dello scontro tra poteri che è in atto in Italia?

Ne sa poco. Qualche articolo sui giornali, qualche dettaglio. Eppure noi abbiamo già cercato di parlarne: mesi fa c’è stata un’audizione del procuratore Pietro Grasso.

Ha parlato anche della Trattativa?

Certo, gli abbiamo fatto molte domande. Ma, se devo essere sincera… ha fatto discorsi molto diplomatici e politici.

Niente da fare, anche a Bruxelles?

No, a novembre andremo in Sicilia. Ci saranno audizioni. Chiederemo che siano ascoltati magistrati, investigatori e giornalisti. Potrebbe essere il primo passo, anche se è un cammino molto complesso: pensate che per ottenere una risoluzione contro la repressione in Ungheria è stato necessario un lunghissimo lavoro di bilanciamento. E l’Italia è un Paese fondatore dell’Europa.

Cosa si potrebbe ottenere?

Vorrei puntare su un’interrogazione che porti magari anche a una risoluzione nei confronti dell’Italia. Ci avevo già provato quando chiesi all’Europa di pronunciarsi sulla libertà di stampa in Italia. Finì 303 voti pari. Niente da fare, un peccato. E già allora la Presidenza della Repubblica convocò i parlamentari europei e fece capire di non portare le questioni italiane in Europa. I panni sporchi si lavano in casa…

Come giudica l’atteggiamento di Napolitano?

Vergognoso. Il Presidente non deve essere soltanto garante della Costituzione, ma anche delle Istituzioni, degli organi dello Stato. Avrebbe semplicemente dovuto far dire a Mancino che si rivolgesse ai pm, punto e basta. Facilissimo. E poi non ha speso una parola di sostegno per i pm di Palermo.

Ma un intervento europeo può rompere il silenzio italiano?

Sì, avrebbe un grande valore politico e non potrebbe essere ignorato. Comunque se noi fossimo sostenuti dall’opinione pubblica e se riuscissimo a ottenere l’appoggio essenziale di qualche collega non italiano, potremmo sperare anche di portare la Trattativa davanti al Commissario europeo. Per ottenere magari un’ammonizione. Sarebbe un atto molto forte e clamoroso.

L’essenziale è non restare soli, come nelle polemiche dopo le sue visite in carcere ai boss per convincerli a pentirsi…

È incredibile, adesso salta fuori che chiedere a un boss di pentirsi sarebbe disdicevole. Se la pensano così, allora aboliscano la legge sui pentiti. Ma il problema è un altro: molti non vogliono che Provenzano si penta. Se lo facesse, tremerebbero tutti i santi del Paese.

Chi è il Provenzano che lei si è trovata davanti?

Ci siamo visti più volte, dal 2009 a oggi. Non è una storia cominciata adesso, anche se qualcuno ha pensato bene di farla uscire ora. Del contenuto delle conversazioni non parlo. Posso solo dire che mi è sembrato un uomo molto lucido.

Chi l’ha sostenuta in questi giorni?

Le persone che combattono la stessa battaglia ci sono. Questo è importante. Dal mondo politico un silenzio totale. Non pretendo un comunicato di D’Alema o Bersani, che se fosse arrivato mi sarei preoccupata, ma nessuno ha aperto bocca.

Crede sia davvero possibile far pentire Provenzano?

Se c’era una possibilità, l’hanno bruciata.

da Il Fatto Quiotidiano dell’11 agosto 2012 

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