In vari commenti dei lettori al mio post della settimana scorsa si è messa in dubbio la mancanza di volontà da parte di Repsol di investire nell’esplorazione e sfruttamento delle riserve argentine di shale oil e shale gas, terze al mondo dopo quelle di Stati Uniti e Cina. La prova che sia davvero così emerge dalla lettera inviata il 2 aprile alla presidentessa argentina Cristina Fernandez de Kirchner dal presidente di Repsol, il banchiere catalano Antoni Brufau.

In questa il banchiere riconosce la legittimità del proposito ufficiale “di migliorare la bilancia commerciale energetica del paese e di accelerarne la capacità di produzione attraverso l’incremento degli investimenti, con l’obiettivo finale di raggiungere l’autosufficienza nel settore degli idrocarburi”. Per far questo propone un business plan di investimenti e l’aumento della produzione, come non aveva fatto nei dieci anni precedenti.

Da quando l’ex presidente Carlos Menem ha venduto a Repsol le azioni dello Stato in Ypf, la compagnia passò da rappresentare il 48% della produzione petrolifera e il 35% di quella di gas, rispettivamente al 34% e il 23%, e le sue riserve di gas sono diminuite da 17 a 7 anni di consumo, obbligando lo Stato ad importare, proprio nel momento in cui i prezzi internazionali superano i 120 dollari al barile. Cosa più importante: Brufau confessa nella lettera a CFK l’intenzione di cedere parte delle sue concessioni in Argentina ad altre imprese e investitori, decidendo in ogni caso “chi sarebbe l’operatore”. Avrebbe invitato a partecipare anche “le provincie e lo Stato nazionale”.

La proposta non contempla la possibilità di apportare nemmeno una piccola parte di capitale e capacità operativa propri. Si tratta soltanto di subappaltare le aeree ad altre imprese o allo Stato stesso, che avrebbero sviluppato questo business plan. Il ruolo che si riserva Repsol, che Brufau autoelogia quale “compagnia di prestigio e solida a livello internazionale” è quello di garantire “la raccolta di enormi investimenti per l’Argentina”. Arrivò ad ammettere addiruttura che stava già negoziando questi investimenti con grandi compagnie internazionali. Il progetto di legge di espropriazione è stato approvato giovedì 3 maggio dalla Camera dei deputati con i voti dei legislatori maggioritari, ma anche con quelli delle due principali forze di opposizione (il Frente Amplio Progresista e l’Union Civica Radical) e gli scranni dei partiti minori dove il progetto governativo ha trovato appoggio.

Tra le ragioni fondamentali del progetto, ha detto Cristina, il fatto che Repsol “pensa di poter attuare come un agente di mediazione, arrogandosi il diritto inoltre di assegnare concessioni sui campi che gli vennero concessi ma che non può sfruttare per mancanza di capitale o di capacità operativa”. Il messaggio presidenziale al Congresso taccia di “vergognosa proposta” l’offerta “ad altre imprese di ciò che non gli appartiene”.

Questa lettera ricorda lo scandalo prodotto da Repsol in Bolivia quando si accaparrò risorse che non gli appartenevano.

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