Non è andata come Mitt Romney sperava. Il favorito tra i repubblicani conquista di misura l’Ohio (con 12 mila voti di vantaggio su Rick Santorum), oltre a Massachusetts, Vermont, Virginia, Idaho, Wyoming. Bruciante è però la sconfitta in Stati-chiave del potere repubblicano. Santorum vince in Tennessee, Oklahoma, North Dakota e ridà slancio a una campagna che negli ultimi giorni pareva ormai declinante. Newt Gingrich si aggiudica come previsto il suo Stato, la Georgia, mentre Ron Paul non ce la fa a strappare la prima vittoria.

E’ stato un Super Tuesday appassionato, combattuto, incerto sino alla fine, con il risultato dell’Ohio, lo Stato più importante, in bilico fino a tarda notte. Romney ha dovuto aspettare l’arrivo dei risultati di Cleveland, Colombus, Cincinnati, le aree urbane e moderate a lui più favorevoli, per poter finalmente conquistare un lievissimo vantaggio. “Go, Mitt, Go!“, urlava la folla dei sostenitori, riuniti in un albergo di Boston, mentre dal palco l’ex-governatore del Massachusetts parlava “a chi non riesce a trovare lavoro e a pagare le bollette. Ve lo dico, ora. Non vi deluderò”.

In realtà, a essere deluso, dietro le quinte, era l’intero team di Romney, che per l’ennesima volta si vede sfuggire la possibilità di assestare il colpo decisivo a Santorum. Oltre i numeri di ieri sera, c’è soprattutto un dato politico che preoccupa. Molti Stati del Sud e del Midwest che Romney non sta vincendo andranno comunque ai repubblicani, alle presidenziali di novembre. Una debolezza in quelle zone non è però mai un buon segno. Nel 2008 John McCain perse diverse primarie nel Sud, che fece confluire il suo voto sul pastore battista Mike Huckabee. A novembre, nella sfida con Obama, McCain si vide sfuggire due Stati tradizionalmente repubblicani: Virginia e North Carolina.

Mentre con il procedere della notte un senso palpabile di delusione si diffondeva nel quartier generale di Romney, cresceva l’entusiasmo in quello di Santorum, nella campagna dell’Ohio. Le vittorie larghe in Tennessee, Oklahoma, North Dakota (del tutto inaspettata, sino a qualche ora fa) si aggiungono a quelle delle scorse settimane in Iowa, Missouri, Colorado, Minnesota, e fanno di Santorum il candidato favorito dei repubblicani della Rust Belt industriale, degli Stati del Midwest e del Sud che davvero contano per il movimento conservatore.

Per l’ex-senatore della Pennsylvania sono in arrivo altre buone notizie. L’analisi del voto di Ohio e Tennessee mostra che per Santorum ha votato nel Super Tuesday la maggioranza di coloro che guadagnano tra i 50 e i 100 mila dollari. Si tratta della classe media, cuore dell’elettorato repubblicano, che va ad aggiungersi ai gruppi sociali e culturali che sinora lo hanno sostenuto: i religiosi, i “molto conservatori”, i blue collars. Probabile che, nei prossimi giorni, Santorum approfondisca il suo messaggio economico (l’ha confermato la moglie Karen, che parlando ai sostenitori del marito, dopo il voto, ha detto che è tempo “di parlare di economia e non solo dei temi della morale”). Dovesse vincere nei due Stati del Sud in palio martedì prossimo, Alabama e Mississippi, Santorum potrebbe legittimamente rivolgersi alla dirigenza del suo partito e chiedere di riconsiderare l’appoggio a Romney.

Il Super Tuesday non mette dunque fine a una tra le primarie repubblicane più combattute degli ultimi decenni. Romney rimane il favorito e il probabile candidato dei repubblicani a novembre. Parlano, a suo favore, i numeri: il numero dei delegati (Santorum dovrebbe aggiudicarsi, da qui alla fine delle primarie, il 60 per cento dei delegati, cosa molto improbabile); i milioni di dollari iniettati nella campagna (Romney batte Santorum quattro a uno quanto a finanziamenti elettorali); la lunga lista di big del partito che sinora hanno preso posizione a suo favore (non c’è un solo senatore o governatore repubblicano che abbia deciso di appoggiare Santorum).

Nonostante questo, Romney non riesce a chiudere la partita. Non riesce a conquistare il voto dei conservatori, dei religiosi, del Sud, di gran parte del Midwest. Non riesce a suscitare l’entusiasmo di larghi settori del partito. Non riesce a convincere la sua stessa base della necessità di cessare la guerra civile tra i repubblicani e rivolgere la potenza di fuoco contro Barack Obama. Dall’inizio di questa campagna, Romney ha cercato di far passare l’idea di essere la scelta “inevitabile”. “Mister Inevitabile” diventerà, con ogni probabilità, il candidato. Ma molto più debole, molto più “nudo”, di quanto lui e il suo partito avrebbero voluto.

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