I legali di Vittorio Cecchi Gori – ex potentissimo dell’Italia fino ai primi anni Duemila, ex presidente della squadra di calcio della Fiorentina, ma anche proprietario, tra l’altro, di Telemontecarlo e di una compagnia di distribuzione cinematografica, la Cecchi Gori Group, che ha firmato alcuni dei più grandi successi del cinema di casa nostra – hanno depositato alla Corte europea dei diritti dell’uomo un ricorso contro le sentenze che hanno dichiarato il fallimento della società viola nel settembre del 2002, dopo il rigetto dell’istanza di concordato preventivo. Nella nota che è stata diffusa alla stampa per definire i contorni dell’iniziativa, si chiariscono le ragioni dell’intervento: “E’ in corso di deposito a Strasburgo ricorso contro lo Stato italiano ed i suoi organi giurisdizionali per le patenti e sistematiche violazioni della convenzione dei diritti dell’uomo”. Cecchi Gori non ha ottenuto ciò che chiedeva in Italia e ora si rivolge all’Europa, sperando che le sue istanze siano finalmente riconosciute.

“Cosa ci aspettiamo dal ricorso presentato alla Corte europea? Di vincerlo, naturalmente – dice a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Gianfranco Passalacqua, che insieme con i colleghi Federico Tedeschini e Gaetano Franchina assiste da tempo Cecchi Gori -. E’ stata palesemente violata la norma della convenzione che impone l’assoluta indipendenza di chi si occupa di dare un giudizio. C’è una sentenza che lo dimostra. Il magistrato che più si era battuto per stare nel collegio fallimentare e che poi si era fatto nominare con una serie di sotterfugi relatore del fallimento della Fiorentina è stato condannato per manipolazione delle procedure. Insomma, il giudice Puliga aveva interesse a fare fallire la Fiorentina, questo è un dato di fatto. La Corte europea non può che prenderne atto e darci ragione”.

Cosa si aspetta Cecchi Gori? In termini pratici, che la giustizia europea condanni lo stato italiano a riparare per il danno arrecato all’ex mammasantissima del cinema made in Italy. “Abbiamo quantificato il danno in circa 400 milioni di euro”, fa sapere Passalacqua. Che sottolinea che la cifra è frutto di un calcolo piuttosto complicato che prende in considerazione tutto ciò che avrebbe subìto il suo assistito in quasi 10 anni di dibattimenti e procedimenti giudiziari.

Sebastiano Puliga, il giudice fallimentare del tribunale di Firenze, è stato effettivamente condannato nel novembre scorso a quindici anni di carcere. Era accusato di corruzione, peculato, abuso d’ufficio, falso, interesse privato in procedure concorsuali e concorso in bancarotta. E’ stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e condannato al risarcimento dei danni delle parti civili. Sulla sentenza che inchioda Puliga prende forma il ricorso dei legali di Cecchi Gori. Come dire, “è stato accertato che il giudice che ha firmato il fallimento della Fiorentina era un poco di buono, dunque è tutto da rivedere”. Già, ma perché la giustizia italiana non avrebbe riconosciuto la legittimità delle posizioni di Cecchi Gori?

Risponde Passalacqua: “Cominciamo col dire che l’Italia è il Paese con il maggior numero di condanne della Corte europea per i diritti dell’uomo per violazioni perpetrate nell’ambito dei procedimenti giudiziari. Per l’eccessiva durata dei processi o per la mancanza di terzietà del giudice. L’esempio del giudice Puliga è eclatante, si trattava di un magistrato corrotto, che manipolava le procedure fallimentari. No, non credo che ci sia un complotto giudiziario ai danni di Cecchi Gori. Che ci sia stata invece la forte volontà da parte di alcuni centri di potere di metterlo sotto scacco evidentemente sì”.

Ci risiamo. Colpa dei “centri di potere”. In Italia ce ne sono tanti, basta puntare il dito e chiudere gli occhi, difficile sbagliare, diranno i maligni. La domanda, però, è sempre la stessa: perché Cecchi Gori? Perché sarebbe stato messo fuori gioco l’ex presidente della Fiorentina? “Dava fastidio probabilmente a un sistema in cui si incrociavano media e sport – spiega il suo avvocato -. Cecchi Gori aveva intuito il potenziale che stava dietro alla vendita dei diritti televisivi. Diciamo la verità, era l’unico ad essere competitivo in materia rispetto all’ex presidente del Consiglio (ndr, Berlusconi). Basta riflettere su questo. In dodici mesi gli hanno tolto, con vicende che non sono ancora concluse guidiziariamente, La7, la Fiorentina e la società cinematografica”.

Resta da capire in ogni caso come spiegare all’opinione pubblica le ragioni di un ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo per un imprenditore ed ex politico (ricordiamo che Vittorio Cecchi Gori è stato anche senatore tra le fila del Partito Popolare Italiano) che è stato coinvolto in numerosi procedimenti giudiziari. Insomma, c’è qualcosa che non torna. Far passare Cecchi Gori per una vittima del sistema è impresa non da poco, almeno sulla carta.

La pensa diversamente Passalacqua, che dice: “L’opinione pubblica ha già capito. Come l’hanno capito i blog dei tifosi fiorentini. Cecchi Gori può avere avuto delle superficialità, questo è possibile, ma non ci sono state forzature, illegalità. Ad oggi non ci sono condanne definitive ai suoi danni. Non c’è un accertamento giudiziario che consenta a qualcuno di dire che Cecchi Gori abbia falsificato i bilanci, oppure scientemente prodotto la bancarotta di una delle due società. E’ tutto ancora al vaglio delle autorità competenti. Un’annotazione: Cecchi Gori non ha mai licenziato nessuno e tanto meno ha mai messo qualcuno in cassa integrazione. Sono delle piccole cose, che danno però l’idea del rapporto che c’era con i suoi dipendenti. Non cercava l’arricchimento personale fine a se stesso. Aveva una visione e il cinema italiano in qualche modo si identifica con il suo lavoro”. Entro un anno, massimo un anno e mezzo, si conoscerà la decisione della Corte europea.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO UNA PRECISAZIONE DELL’AVVOCATO DI CECCHI GORI

” Con riferimento all’articolo pubblicato in data 27 febbraio 2012 sulla edizione on line de Il Fatto Quotidiano, a firma di Dario Pelizzari, dal titolo “Cecchi Gori ricorso alla corte europea dei diritti dell’uomo” preme precisare, anche al fine di evitare equivoci e strumentalizzazioni, che il riferimento all’ex Presidente del Consiglio Berlsuconi (Diciamo la verità, era l’unico ad essere competitivo in materia rispetto all’ex presidente del Consiglio (ndr, Berlusconi), va inteso, almeno nelle intenzioni di chi scrive, quale elemento oggettivo utile a contestualizzare storicamente la vicenda Cecchi Gori, e non certo quale indicazione di responsabilità. Grato per la cortese disponibilità e la consueta professionalità, saluto con molta cordialità

Avv. Gianfranco Passalacqua

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