Tutti contro Schettino, il comandante della nave Concordia. Leggo articoli di giornalisti che lo hanno già condannato, invece di limitarsi a riferire solo i fatti. Forse è uscita la sentenza di primo grado e me la sono persa? Schettino è stato arrestato perché – diceva la  Procura di Grosseto – poteva fuggire all’estero. Ma davvero? E con quali mezzi? Una scialuppa? Oppure – dopo una tale tragedia – poteva mostrare tranquillamente il suo passaporto in un aeroporto senza che nessuno lo riconoscesse? Siamo seri, per favore.

Schettino è un uomo che ha trascorso la sua vita lavorando sulle navi. Può aver sbagliato la rotta, ha abbandonato la nave, ma non è un superlatitante o un criminale di professione. Non è un affiliato ai clan. E’ un uomo che avuto paura. Ha visto crollare la sua vita in un attimo. Ha pensato che poteva morire annegato. Che lo avrebbero licenziato. Che la sua vita sarebbe naufragata nell’oceano del fallimento. Lo vogliamo condannare per le sue debolezze di uomo pauroso e impaurito? Io non mi segno nella lista dei forcaioli e provo invece ad analizzare la vicenda da varie angolazioni.

Schettino non è un eroe, altrimenti sarebbe sceso per ultimo dalla nave Concordia. È  un reato e pagherà. Probabilmente subirà anche una condanna e uscirà di galera tra quindici anni, quando avrà quasi settant’anni. Si porterà sulla coscienza i morti annegati. E non si darà pace per aver commesso una leggerezza che segnerà il resto della sua vita. E’ un prezzo già altissimo.

Nelle ultime ore il gip ha sottoposto Schettino agli arresti domiciliari. Il pm dice: “Non capisco”. Che c’è da capire? Il comandante della Concordia – pur in presenza di gravi responsabilità – deve rimanere in carcere per mesi? Deve marcire dietro le sbarre prima che ci sia un processo e una condanna? Forse se l’uomo Schettino dovesse pensare a un gesto estremo, se pensasse di farla finita con la sua vita, tutti sarebbero più contenti? È aberrante la logica della piazza mediatica che lincia una persona solo perché è debole.

Chiediamoci, invece, se venivano effettuati periodicamente sulla Condordia esercitazioni di evacuazione, formazione per la prevenzione dei rischi inerenti la sicurezza (che i dipendenti dovrebbero fare ai sensi del Testo Unico 81 del 2008), addestramenti e allenamenti per rispondere prontamente a situazioni di avaria ed evacuazione della nave.

E poi: prima di accendere luci e riflettori su una Procura di cui già parlano tutti i media internazionali con grande pubblicità, prima di puntare centinaia di microfoni sotto il mento di giudici che amano parlare ogni due minuti, forse sarebbe meglio lavorare in silenzio, raccogliere prove, testimonzianze, portare tutto in un’aula di tribunale e attendere una sentenza di primo grado. E forse, chissà, un giorno anche perdonare.

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