Tommy Borokaw è diretto a Jacksonville, Florida. “Torno a casa, ad assistere mia madre malata”, spiega. Sino a una settimana fa faceva il macellaio in Vermont. Ora discende gli Stati Uniti in bus e quando capita scambia qualche parola con i compagni di viaggio. “La strada è ancora lunga…”. Durante uno stop a Pittsburg, Tommy si sistema la cintura dei pantaloni. Sotto il maglione, è ben visibile una fondina. “E’ la mia Smith & Wesson 686”, dice. “L’ho comprata in Vermont, un blue state, uno stato democratico, che ha però una percentuale altissima di gente armata”. Quando gli chiedi se il porto d’armi diventerà una questione politica, alle prossime presidenziali, Tommy sorride: “Impossibile. Gli americani sono troppo affezionati al Secondo Emendamento”.

Il ragazzo della Florida ha solo parzialmente ragione. Il gun control, le politiche di controllo sulla vendita delle armi, sono tornate d’attualità negli ultimi mesi, ma l’amministrazione Obama ha provveduto subito – “per quieto vivere politico”, dicono i critici – a chiudere il dibattito. La settimana scorsa è per esempio arrivata a Washington Gabrielle Giffords, la deputata democratica dell’Arizona, scampata l’anno scorso a una sparatoria che ha lasciato sul terreno sei morti e tredici feriti. La Giffords, ancora una volta, come fa da mesi, ha chiesto una legge che preveda controlli più severi prima di vendere un’arma.

Il punto più alto dello scontro è però stato a inizi novembre, dopo il passaggio alla Camera di una legge che impone a tutti gli Stati – che ammettono il diritto al porto occulto – di riconoscere le licenze rilasciate negli altri Stati (la legge è stata fortemente voluta dalla National Rifle Association, la potente lobby delle armi). Oggi tutti gli Stati americani, tranne l’Illinois, consentono ai privati di portare un revolver nascosto. Differenti sono però le regole per ottenere la licenza. Alcuni Stati – California, Massachusetts, New Jersey, New York – impongono controlli più severi. In altri, come Florida, Kansas, Utah, comprare un’arma è un’operazione semplicissima. Se la legge dovesse ottenere la conferma del Senato – come sembra – i cittadini degli Stati più “lassisti” potranno girare liberamente armati per le strade degli Stati più “rigorosi”.

“Siamo preoccupati. Aspettiamo un intervento di Obama”, ha detto John Feinblatt, consulente politico del sindaco di New York, Michael Bloomberg, che insieme ad altri sindaci (in prima fila quello di Los Angeles, Antonio Villaraigosa), chiede da anni leggi più severe per sgombrare le città americane dai troppi fucili e pistole. Il problema è che l’intervento di Obama non arriva, e con ogni probabilità non arriverà nemmeno nei prossimi mesi. “La campagna elettorale è ormai in pieno corso – ci spiega Henry Berger, consulente del partito democratico – e Obama sa che è meglio non aprire fronti politici che potrebbero rivelarsi pericolosi”.

Il presidente, che prima dell’arrivo alla Casa Bianca era uno strenuo sostenitore di leggi più severe in tema di armi ai privati, non ha del resto dimenticato quanto successo ai democratici nel 1994. Poco prima delle elezioni di mid-term, Bill Clinton fece passare a forza la legge per mettere al bando i fucili d’assalto. Quell’anno i democratici persero il controllo di Camera e Senato, e la National Rifle Association fece affluire centinaia di migliaia di dollari nella campagna per sconfiggere i candidati democratici.

“E’ cattiva politica trovarsi sul lato sbagliato del Secondo Emendamento in tempi di campagna elettorale”, minaccia ora Wayne LaPierre, vice-presidente esecutivo della NRA. La sfacciata rivendicazione di potenza da parte dei lobbisti è giustificata. Obama preferisce non muoversi e non dichiararsi. La sua rielezione, nel 2012, dipende da swing states come la Florida, l’Ohio, la Pennsylvania, che sono anche posti dove la gente è parecchio affezionata alle proprie armi. Quanto ai candidati repubblicani, il pericolo non viene certo da lì. Rick Perry e Rick Santorum si fanno intervistare e fotografare mentre vanno a caccia di fagiani. Michele Bachman ha spiegato di voler insegnare alle figlie a sparare, in modo da difendersi da eventuali assalitori. Newt Gingrich e Herman Cain sono stati osannati alla convention della National Rifle Association. E Mitt Romney ha cambiato idea sul tema (come su quasi tutto): una volta era per la restrizione al porto d’armi, oggi dice di essere un fervido sostenitore del Secondo Emendamento. Tutti, ovviamente, sono finanziati dalla NRA.

“Tutto si riduce a una semplice parola. Politica”, conclude Harry Wilson, autore di un libro sul porto d’armi negli Stati Uniti. Nessuno in America, a breve o a medio termine, ha dunque interesse a far partire una guerra contro pistole e fucili. Gente come Tommy Borokaw, incontrato su un bus in Pennsylvania, potrà girare – sempre più indisturbata – per il Paese.

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