Il volantino dell'iniziativa di Casa Pound

C’è mancato poco che l’estrema destra, a Milano, entrasse in Provincia. Con la complicità del Pdl. Perché l’evento sponsorizzato da Casapound che si sarebbe dovuto tenere a palazzo Isimbardi il 3 dicembre era stato organizzato addirittura da Massimo Turci, capogruppo in Consiglio di quello che secondo Berlusconi è un grande partito moderato. In extremis, però, il presidente Guido Podestà ci ha messo una pezza. Dopo una serie di tentate precisazioni e una lunga riunione con il suo entourage. E dopo le proteste di Anpi, comunità ebraica ed esponenti della cultura, dell’arte e della politica meneghina.

Il primo a lanciare l’allarme lunedì scorso è Roberto Cenati, presidente provinciale dell’associazione partigiani, che in una lettera a Podestà chiede di impedire che si svolga “l’iniziativa organizzata da questo gruppo neofascista, che costituirebbe un’offesa a Milano, città Medaglia d’Oro della Resistenza”. A scatenare la rabbia dell’Anpi, un volantino diffuso da Casapound in cui si pubblicizza l’incontro in Provincia come un evento per presentare il libro di Adriano Scianca “Riprendersi tutto. Le parole di Casapound: 40 concetti per una rivoluzione in atto”. Con postfazione di Gianluca Iannone, fondatore e presidente dell’associazione di estrema destra.

Subito si aggiungono le proteste di Massimo Gatti, capogruppo a palazzo Isimbardi della lista Altra Provincia-Prc-Pdci. E poi quelle di Stefano Boeri, assessore comunale alla Cultura, che sulla sua pagina Facebook scrive: “Non lasciamo cadere nell’indifferenza il fatto che un ente locale dia spazio a chi predica il razzismo e l’antisemitismo”. Mentre in Rete, un appello firmato, tra gli altri, da Moni Ovadia, Caparezza e 99 Posse, chiede che la città non venga “macchiata con l’iniziativa patrocinata dalla Provincia assieme al gruppo neofascista”.

Due giorni fa, la presa di distanze dal volantino da parte del presidente del Consiglio provinciale Bruno Dapei. E 24 ore dopo, la decisione di Podestà di non dare l’ok all’evento, che – secondo il presidente della Provincia – sarebbe dovuto essere “un convegno su giovani e politica”, pubblicizzato però da Casapound come un’altra attività, con “un’ingiustificata forzatura”. Trattate le polemiche sulla vicenda come “un’aspra e ingiustificata diatriba che travalica la normale dialettica politica”, Podestà ha spiegato la sua scelta con la presenza di “un clima per nulla idoneo alla riflessione e all’approfondimento di un tema serio come la distanza che spesso separa istituzioni e giovani”.

Per Gatti “non concedere la sala era il minimo che si doveva fare e ci si è arrivati solo dopo la nostra forte presa di posizione”. Decisione comunque sofferta, quella di Podestà. Che non è piaciuta a tutti nel Pdl, come alla consigliera provinciale Roberta Capotosti. Lei se l’è presa con “i dittatori della democrazia a senso unico che trovano in Podestà un fiero alleato”. Mentre poche ore prima aveva parlato del “pensiero unico marxista” di Boeri e aveva definito Casapound “un’associazione di promozione sociale legalmente riconosciuta che svolge attività di volontariato in tutti i settori”. Turci, dal canto suo, intuito che il convegno sarebbe saltato, aveva pronosticato: “Possibile un rinvio, non un annullamento”.

Se poi la posizione di Podestà è stata quella del ‘Casapound se l’è raccontata da sola’, in serata è stato quasi smentito dall’associazione stessa, che ha ribadito il suo coinvolgimento nell’iniziativa: “La sinistra, mostrando ancora una volta il suo vero volto, è riuscita a far ritirare alla Provincia di Milano la concessione della sala per il convegno a cui doveva partecipare Casapound Italia”, ha detto il coordinatore regionale Marco Arioli. Prima di fare una promessa: “La conferenza il 3 dicembre si farà ugualmente. Piaccia o no a Boeri”.

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