Cronaca di una settimana d’insegnamento. Lunedì: lezione con gli allievi di seconda e terza. Martedì: giornata con i ragazzi di quarta e prima. Il giorno dopo ancora la stessa storia. Giovedi di nuovo classe mista. Venerdi si spera che la collega rientri dalla malattia. Intanto i bambini sono stati “parcheggiati” in qualche altra classe. Magari in un’aula così piccola che per 20 non c’è spazio.

Mi è capitato qualche giorno fa: dovevo fare storia in quarta con una classe vivace e ricca di diversità: italiani con difficoltà d’apprendimento, migranti, iperattivi. Ai “miei” allievi si è aggiunto un gruppo di seconda con tanto di diversamente abile compreso. Dove metterli? Ho lasciato loro la cattedra, il banco più grande, per stare un po’ più larghi. Il resto della classe tutti attorno al maestro in un angolo dell’aula. Ma spiegare i Babilonesi (che nessuno tra l’altro ricorderà quando sarà grande) è stato arduo tra il vociare dei più piccoli, che giustamente non possono stare zittiti per due ore.

Ma perché succede ciò? Dove sono finiti i supplenti? Forse non ci sono più maestri? La risposta esatta è: non ci sono più soldi per pagare i supplenti. Non si chiamano più, a meno che non si tratti di lunghi periodi di malattia del docente in servizio. E così la qualità della scuola diventa un optional. Fare lezione seriamente con classi miste è impossibile. Eppure non hanno diritto i ragazzi che hanno l’insegnate ammalato o assente per motivi sindacali ad avere un docente supplente?

Fino a qualche anno fa era prassi chiamare un sostituto quando un maestro si ammalava. Ma da qualche anno chi supplisce rischia persino di non vedere un centesimo di euro dal momento che le scuole hanno sempre meno fondi a disposizione. Per i genitori resta solo la speranza che i maestri non si ammalino oppure potrebbero donare loro per Natale il vaccino anti-influenzale.

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