Assolti con formula piena dall’accusa di omicidio. Si chiude così dopo quattro anni e undici ore di camera di consiglio, la vicenda iniziata il 1 novembre del 2007, quando la studentessa inglese Meredith Kercher fu uccisa con una coltellata alla gola nell’appartamento in cui viveva a Perugia, in via della Pergola.

Per l’omicidio Amanda Knox e Raffaele Sollecito, erano stati condannati in primo grado rispettivamente a 26 e 25 anni di reclusione, ma oggi è arrivata la piena assoluzione. Alla Knox, la corte di Assise d’Appello ha inflitto una condanna a tre anni di reclusione per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, che aveva indicato come assassino della coinquilina facendolo incarcerare per due settimane. I tre anni di pena sono già stati scontati. Mentre è definitiva la condanna a 16 anni per Rudy Guede, l’altro ragazzo presente nella casa del delitto. La Knox e Sollecito saranno scarcerati immediatamente. La famiglia Kercher, proprio come aveva annunciato, non ha rilasciato alcuna dichiarazione.

Soddisfatti i legali della difesa: Giulia Bongiorno, avvocato di Sollecito, uscendo dal Tribunale ha detto: “Sono stati quattro anni di sofferenza e dolore”, riconoscendo alla Corte d’Assise d’Appello di Perugia il merito di aver preso una decisione che “non si è fermata all’apparenza e ai clichè”. L’avvocato Carlo Dalla Vedova ha sottolineato che “il giudice ha corretto un errore. Non dobbiamo dimenticare che Meredith era amica di Amanda. C’è stato un errore e il nostro sistema ci ha permesso di correggerlo”.

La gente ha atteso la lettura della sentenza nella piazza della capitale umbra. Molti hanno protestato dopo aver appreso la notizia dell’assoluzione di Amanda e Raffaele gridando “Vergogna, vergogna…” contro l’avvocato Bongiorno.

Intorno al tribunale, la “copertura mediatica” è degna di uno scenario di guerra. In piazza Matteotti stazionano i furgoni “fly” dei network televisivi e pulmini con la parabola satellitare sul tetto. Appartengono in maggioranza a tv straniere, inglesi e americane prima di tutto ma anche tedesche e francesi. Negli Stati Uniti, il paese di Amanda Knox, il caso è diventato “una questione di Stato” attraverso un battage politico-mediatico decisamente innocentista.

Sollecito e Knox si sono sempre dichiarati innocenti. Vennero arrestati quattro giorni dopo il delitto insieme a Patrick Lumumba, che all’epoca gestiva un pub dove saltuariamente lavorava l’americana. Fu lei a collocarlo sulla scena dell’omicidio ma le indagini della squadra mobile e dello Sco dimostrarono che la notte in cui la Kercher veniva uccisa lui era al lavoro, come confermò un professore svizzero rintracciato dai suoi difensori. Lumumba venne così rimesso in libertà dopo due settimane passate in carcere e oggi è parte civile nei confronti della Knox, accusata di calunnia. Nello stesso giorno in cui in Germania, a Magonza, veniva arrestato Rudy Guede. A incastrare l’ivoriano, l’impronta della sua mano insanguinata sul cuscino posto sotto al cadavere di Meredith.

Guede ammise di essersi trovato nell’appartamento di via della Pergola la notte dell’omicidio, negando però di avere ucciso Meredith. Mentre qualcuno la accoltellava mortalmente alla gola lui – ha sempre sostenuto – era in bagno e ascoltava musica. Agli inquirenti l’ivoriano riferì di avere cercato di soccorrere Meredith, ma inutilmente, per poi fuggire terrorizzato. Una ricostruzione alla quale però i giudici del rito abbreviato non hanno creduto.

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