Cinecittà addio? Forse. L’articolo 14 della nuova manovra rappresenta una mannaia per il mercato della celluloide. Cinecittà Luce – la società nata due anni fa quando Cinecittà Holding ha incorporato Filmitalia e l’Istituto Luce – da Spa, con capitale sociale di 75 milioni di euro, diventerebbe una Srl, con soli 15 mila euro. Questo significherebbe gestire l’Archivio, la distribuzione delle opere prime e seconde finanziate dal ministero, i documentari d’Archivio, la promozione all’estero, ma rinunciare del tutto a occuparsi di produzione con conseguente dimezzamento dei dipendenti.

«La manovra potrebbe distruggere Cinecittà Luce – spiega Umberto Carretti, rappresentante sindacale Troupe Slc/Cgil – e ridurne drasticamente le funzioni. Il governo ci aveva dato ragione di credere che l’avrebbe trasformata nell’Agenzia del Cinema Italiano, ovvero l’ente preposto a indirizzare tutta l’attività del settore, sul modello del “Centre Nationale” francese. E invece, la manovra pone in liquidazione Cinecittà/Luce, Spa a capitale interamente statale, alla Fintecna, una Spa del Tesoro che non ha alcuna competenza in materia di cinema».

Ma a spaventare i dipendenti è soprattutto l’assoluta mancanza di certezze: «Gli articoli che ci riguardano sono pieni di condizionali – continua Carretti –. “Potrebbe, dovrebbe”… Tutta questa confusione non fa che alimentare i nostri timori. Prima di tutto, c’è la questione dei ricollocamenti: Cinecittà Luce oggi ha 120 dipendenti; di questi, si presume che almeno la metà venga assorbita dal ministero dei Beni Culturali, ma con quali mansioni e a che titolo? Poi, c’è il problema del patrimonio immobiliare: Cinecittà Luce dispone di terreni che affitta alla società privata Cinecittà Studios, capitanata da Luigi Abete; un’importante fonte di sostentamento, sul cui destino la manovra di Tremonti non è chiara. La paura è che il Governo possa cederli a privati per realizzare progetti di ristrutturazione che prevedono alberghi, centri benessere, etc.».

Ma proprio sulla questione dei terreni, mercoledì è intervenuto il ministro dei Beni Culturali Giancarlo Galan in audizione in Commissione cultura al Senato: “Nessuno smantellamento per Cinecittà”, ha promesso il ministro. «Ci ha rassicurati – spiega Patrizia Cacciani, rappresentante sindacale per Cinecittà Luce -, ma per il momento sono solo parole. Non ci resta che aspettare il decreto attuativo».

Dal governo, dunque, arrivano timidi segnali di apertura, anche in seguito al sit in di protesta che i dipendenti di Cinecittà Luce hanno organizzato martedì davanti agli stabilimenti di via Tuscolana. Ma i dubbi e le paure dei dipendenti restano: «In qualità di rappresentante sindacale – continua Patrizia Cacciani –, non posso permettere che i miei colleghi, una volta ricollocati al ministero dei Beni Culturali, vadano incontro al demansionamento, o che alcuni di loro finiscano in cassa integrazione. Poi, c’è la questione della mission di Cinecittà Luce: tenevamo molto a che diventasse un ente, perché questo avrebbe dato all’industria cinematografica italiana maggiore autonomia, garanzie istituzionali di qualità e quantità. La verità è che lo Stato non ha mai dato a Cinecittà Luce una concreta prospettiva di rilancio, né una progettualità che la trasformasse nel famoso ente: per disinteresse, è rimasta la banale somma di tre società, Cinecittà Holding, Film Italia e Istituto Luce».

Al momento, c’è chi ha paura che Cinecittà Luce possa ridursi a una specie di ufficio diritti, che si occupi solo da un punto di vista burocratico di gestire le immagini: «Sarebbe un errore grave – spiega ancora Patrizia Cacciani –, perché solo chi conosce bene questo patrimonio di immagini può occuparsene, anche per quanto riguarda la conservazione. Il ministro Galan ha garantito che Cinecittà Luce continuerà a custodire la library dell’Istituto Luce, a sostenere prime e seconde opere di registi e cineasti emergenti, a promuovere il cinema italiano all’estero. Ripeto, sono solo parole per il momento. Aspetteremo il decreto attuativo».

Per ora, dunque, continuano a tremare gli stabilimenti di via Tuscolana, che per decenni sono stati lo specchio di un Paese: un’Italia che ritrovava la capacità di guardare avanti con ottimismo e leggerezza e che scopriva la gioia di raccontarsi attraverso un film. Un passato lontano, a quanto pare.

Di Giovanni Luca Montanino

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