La rabbia della 29enne Giusy Vassallo si sviscera tra una sigaretta e l’altra, seduta a un tavolino dell’enoteca di famiglia che affaccia sul porto di Acciaroli. Sono le prime elezioni senza Angelo Vassallo. E la figlia del sindaco-pescatore di Pollica, ucciso da 9 colpi di pistola esplosi in una maledetta notte di fine estate, è molto amareggiata dalla presenza di una seconda lista.

Nel marzo 2010 il Pd Vassallo vinse da solo, senza rivali, lista unica e quorum abbondantemente superato per conquistare il secondo mandato consecutivo, il quarto nel complesso. Stavolta c’è una lista, capeggiata dal generale dei carabinieri in pensione Domenico Marrone, che si oppone a quella capitanata dal commercialista Stefano Pisani, il vice e l’erede designato di Vassallo, appoggiato anche dai suoi familiari. “Non hanno avuto il coraggio di avversare mio padre da vivo e ora lo combattono da morto – sostiene Giusy – e non dovevano farlo, questo era il mandato di papà, era stato confermato primo cittadino da appena sei mesi, non dovevano mettersi in mezzo. Papà è stato ucciso perché era il sindaco di questo paese, forse qualcuno non lo ha ancora capito”. La signora Angela, la vedova Vassallo, preferirebbe non parlare. Però conferma: “Sono dispiaciuta, mio marito cercava di fare del bene a tutti, fargli una lista ‘contro’ ora che non c’è più potrebbe essere interpretato da qualcuno come un torto alla sua memoria…”.

Bisogna partire da qui per provare a capire e interpretare quali umori e passioni animino la campagna elettorale di un minuscolo paesino di colli e di mare, appena 2500 abitanti sparpagliati tra 6 frazioni lontane tra loro. Pollica è diventata famosa prima per le pratiche di buon governo ambientalista di Vassallo, che riuscì a farla arrivare in cima a tutte le classifiche dei piccoli comuni virtuosi. Poi per l’assurda efferatezza di un omicidio rimasto ancora senza colpevoli e senza un chiaro movente. La piccola comunità locale è stata travolta da un evento talmente enorme da rischiare di rimanerne schiacciata. E non è stata aiutata dalla politica, quella che non riesce a conquistarsi la p maiuscola.

A Pollica non si sono visti leader di partito o di governo. Qui non c’era da fare campagna elettorale, peraltro tra due liste civiche senza colore non avrebbe avuto senso. Ma bisognava portare una testimonianza di solidarietà e di vicinanza a un territorio provato dal peggiore dei lutti, e ai due candidati sindaci che con coraggio vogliono assumersi la responsabilità di guidare un’amministrazione il cui predecessore è stato ucciso perché si era opposto a qualcosa di illegale. Non è stato fatto ed è un brutto segnale. “Non sono venuti per pudore” dice allargando le braccia un candidato al consiglio comunale. Chiusa la questione. Anzi no, viene riaperta in piazza Vittorio Emanuele la sera dei comizi di chiusura da una signora che ci chiede che fine abbia fatto quell’annunciata visita di Gianfranco Fini, Walter Veltroni e Roberto Saviano: dovevano tenere un’iniziativa insieme a Pollica nell’autunno scorso, poche settimane dopo la morte di Vassallo.

Ne fu comunicato il rinvio per una polmonite dello scrittore. Non si è più fatta. In ogni caso, in assenza di una politica capace di volare alto e di richiamare tutti alla comprensione dei valori per i quali è morto Vassallo, le elezioni di Pollica sono rimaste inchiodate al livello rasoterra della media, attraversate dalle tensioni tipiche di un piccolo centro di provincia. In un paese dove moltissimi amavano e apprezzavano Vassallo. Ma non tutti. Per anni la Procura di Vallo della Lucania è stata inondata da decine di esposti non firmati contro il sindaco (ne parlò anche il pm Greco poche ore dopo l’omicidio, precisando che sono stati tutti archiviati). Una prassi che Pisani ha denunciato anche in questa campagna elettorale, dichiarandosi vittima di numeri ‘ricorsi anonimi’ e invitando i ‘nemici’ a ‘scriverli meglio, sono illeggibili’. Campagna mediocre, tra corvi, minacce su tettorie da abbattere, polemiche sugli orari dei controlli dei vigili o sull’assunzione di una persona in Comune poco prima del voto (“ho solo stabilizzato una persona precaria da sei anni” taglia corto Pisani in piazza “un concorso interno il cui bando era visibile sul sito dell’amministrazione”).

E distanza di otto mesi, le indagini vanno avanti senza clamore ma anche senza risultati visibili. Recentemente i sommozzatori dell’Arma hanno perlustrato i fondali di Agnone alla ricerca dell’arma utilizzata dal killer, invano. La mancanza di un colpevole e di un movente chiaro finisce con l’alimentare voci scorrette e calunniose che fanno soffrire la famiglia Vassallo. Ma fonti della Procura di Salerno ribadiscono a intervalli regolari che il sindaco è stato ucciso perché si era messo di traverso ad interessi criminali sul Cilento, e sbaglia chi insinua altro.

Il procuratore aggiunto di Torre Annunziata Raffaele Marino, già pm dell’Antimafia di Napoli, a cadavere ancora caldo fu ancora più chiaro: “E’ stato un omicidio di camorra”. Guai però a pronunciare questa parola in piazza. “Qui la camorra non esiste – a parlare è un nerboruto signore con la camicia aperta sul petto – ma la scorsa estate ad Acciaroli ogni sera c’era una rissa e anche i pesci del porto sniffavano cocaina fino a scoppiare…”. Il signore non chiarisce come la droga possa essere reperita e portata in giro senza l’assenso della criminalità organizzata. Ma il movente della droga, di un omicidio causato dalla guerra che Vassallo la scorsa estate ha combattuto contro i pusher del porto, è uno di quelli vagliati con attenzione dagli inquirenti. Era un sindaco-sceriffo, Vassallo. Pattugliava i bar e i pub, da solo o coi vigili urbani, per affrontare a muso duro gli spacciatori. Si lamentava del fatto che le forze dell’ordine non erano presenti come lui avrebbe voluto. Era preoccupato dalla trasformazione repentina del tranquillo borgo di pescatori in una piccola capitale della movida senza regole, stravolta dagli investimenti realizzati grazie ai soldi, molti soldi, provenienti dall’hinterland napoletano. Ad Acciaroli, la ‘sua’ Acciaroli, che aveva ripulito e reso una bomboniera, obbligando i proprietari delle case a salvaguardarne le facciate e l’architettura di pietra cilentana.

Dire Acciaroli significa dire mare, bandiera blu, spiagge affollate durante una stagione turistica breve ma intensa: qui tutto si riempe a fine luglio, e a inizio settembre gli alberghi sono già vuoti. E poi c’è il porto, che da ricovero delle imbarcazioni dei pescatori a poco a poco è diventato un approdo turistico da oltre 400 posti barca, una nuova banchina, lavori continui, una pompa di carburante da spostare in cima al molo di sopraflutto, un appalto da oltre due milioni di euro, un contenzioso con la ditta esecutrice, una sentenza di risarcimento, e la gioia di comparire su qualche rotocalco perché ora d’estate si fanno vivi un sacco di vip. La giunta uscente è molto orgogliosa del porto e ne fa il proprio fiore all’occhiello, e nel comizio di chiusura Pisani ha annunciato: “Lo renderemo autonomo sotto il profilo energetico coi pannelli fotovoltaici”. La lista avversaria invece ha qualche perplessità sulla girandola di opere pubbliche che si stavano e si stanno realizzando prima e dopo l’omicidio Vassallo, tra le quali un campo di calcio su una frazione alta, dove se allunghi gli occhi col binocolo non fatichi a intravedere le case e le ville realizzate da imprenditori e politici che hanno scelto il Cilento per le loro vacanze.

Il capitolo cemento, peraltro, è uno di quelli affrontati da chi indaga sull’omicidio Vassallo. Nei decenni scorsi la camorra era riuscita a realizzare complessi turistici nella vicina Castellabate. Forse qualcuno voleva mettere le mani su Pollica. E voleva liberarsi di un ostacolo, di chi non voleva certe speculazioni su un territorio ultravincolato dal Parco Nazionale del Cilento. I cui divieti non scoraggiano però l’azione delle betoniere. Salendo lungo la strada provinciale verso la frazione di Celso ne abbiamo contate quattro all’opera per dimore private. Una era azionata da operai che parlavano slavo. Una quinta stava rifacendo una strada. A pochi metri dalla piazza di Acciaroli, sono aperti tre cantieri. Il più grosso riguarda una scuola di formazione turistica, poi ci sono i lavori di alcuni box e di un mini complesso di negozi. “Se leggete i nomi dei tecnici, sono sempre gli stessi” sottolinea Marrone. Che prosegue: “Se devo muovere una critica all’amministrazione Vassallo è quella di aver trasformato il Comune in un’impresa. Vassallo era bravissimo nel reperire finanziamenti pubblici da spendere. Ma lui e la sua giunta erano poco attenti ai bisogni del cittadino comune, dell’anziano, delle frazioni alte, quelle meno famose. Tutti guardano la bellezza di Acciaroli ma qui mancano persino i pullmini per salire e scendere dalle frazioni, per accompagnare un vecchietto dal medico o alle poste. La lista unica per onorare Vassallo? Io volevo bene ad Angelo, ho vissuto a Roma ma lo conoscevo bene, venivo sempre qui in vacanza nella casa di mia moglie, e quando ne parlo, come ho detto alla signora Angela, lo faccio solo per celebrarne la memoria. In molti però mi hanno ringraziato dicendo: meno male che ci siete anche voi, prima pareva un referendum… L’unanimismo decisionista di Vassallo ha privato una parte del paese di rappresentanza: ecco, noi vogliamo offrire anche a loro una rappresentanza nelle istituzioni”.

“Marrone è una persona che ha vissuto 40 anni lontano da qui e non sa niente del nostro operato – replica Pisani – abbiamo creato un servizio navetta non per Pollica, ma per Vallo della Lucania. L’anziano grazie a noi può andare in ospedale. Marrone si è autodefinito durante un comizio un computer nel quale i suoi consiglieri dovrebbero inserire i programmi. E chi dovrebbe farlo? La sua lista è composta per il 70% da incandidabili o ineleggibili per ragioni varie, e questo dovrebbe essere il loro messaggio di legalità?”. Nella piazzetta di Acciaroli risuona una delle frasi del comizio conclusivo di Pisani: “Non si fa politica contro Angelo, perché Angelo non c’è più”.

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