“Contro la precarietà? Il bagno di umiltà”, ci hanno risposto in questi mesi Gelmini, Meloni, Sacconi quando gli abbiamo parlato dei nostri problemi”.

Il bagno hanno intenzione di farlo sì, ma di folla, i quattordici promotori dell’appello “Il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta”. L’appuntamento è il nove aprile. La parola chiave è mobilitazione in tutte le piazze perché sotto lo slogan di questi ragazzi c’è il disagio di precari, stagisti, disoccupati, lavoratori autonomi. E vulnerabili.

Quanti? “In Italia sono un milione e 400mila quelli atipici”, continuano, “due milioni e 500mila i tempi determinati e quelli in somministrazione, 400mila le false partite iva, tre milioni le partite iva individuali e i professionisti senza tutele. Perciò non è più tempo di resistere, ma di passare all’azione, un’azione comune”.

Mancano dieci giorni, ma hanno già raccolto molte adesioni grazie al sito, al tam tam sui social network, ai flash mob, agli speech corner e ai blitz durante vari appuntamenti pubblici in cui hanno parlato della loro storia di ordinaria precarietà. Non solo giovani, ma anche la rabbia di qualche mamma e papà che ha raccontato di figli andati all’estero per trovare opportunità che in Italia non ci sono. Tante storie diverse con una cosa in comune: la voglia di dire basta a questo stato di cose e costruire un presente e un futuro migliore, qui ed ora. C’è una lista interminabile di reti e associazioni che protesterà con loro: i giovani democratici, l’unione degli studenti, i giovani della CGIL e, tra le altre, le associazioni, “Repubblica degli stagisti” e “VI piano”.

“Siamo stanchi di questa vita insostenibile, questo grido è un appello a tutti a scendere in piazza – s’indignano in coro i dottori “diversamente occupati”- a chi ha lavori precari o sottopagati, a chi non riesce a pagare l’affitto, a chi è stanco di chiedere soldi ai genitori, a chi chiede un mutuo e non glielo danno, a chi il lavoro non lo trova e a chi passa da uno stage all’altro, alle studentesse e agli studenti che hanno scosso l’Italia, a chi studia e a chi non lo può fare, a tutti coloro che la precarietà non la vivono in prima persona e a quelli che la “pagano” ai loro figli. Lo chiediamo a tutti quelli che hanno intenzione di riprendersi questo tempo, di scommettere sul presente ancor prima che sul futuro, e che hanno intenzione di farlo adesso”.

Detto fatto. Stamani alla Camera, con i giovani democratici, hanno dato il via alla campagna “Tre proposte a precarietà zero”, promossa con i giovani del Forum lavoro del Pd e le associazioni “20 maggio flessibilità sicura”, “Lavoro & welfare giovani”, che apre con un disegno di legge sulla regolazione degli stage, dei tirocini e del praticantato e ha già in calendario un appuntamento a Milano, il 18 aprile, con una seconda proposta sullo statuto dei lavoratori autonomi in cui chiederanno l’abolizione di Irap e Irpef nei primi tre anni d’attività e tutele sociali e compensi equi per gli autonomi economicamente dipendenti.

“Dai dati Isfol, l’istituto che osserva da oltre dieci anni i tirocini promossi dai Cpi (centri per l’impiego), emerge un dato allarmante – chiosa Cesare Damiano che ha presentato la proposta di legge – “negli ultimi dieci anni si è passati da 15mila stage dove la percentuale di coloro che trovavano un lavoro dopo la fine del percorso era del 46%, a 52mila e settecento stage con una percentuale di esiti positivi del 26,5%”.

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