Se c’è una cosa che veramente mi viene da criticare a chi sta portando avanti attivamente la protesta contro il ddl Gelmini, è la gestione delle affissioni. Ragazzi, sono davvero pessime. Tutto ciò non avrà niente a che vedere coi contenuti della riforma o col mondo del lavoro ma è un concetto importante.

Faccio riferimento alla mia facoltà, quella di Ingegneria alla Sapienza, attualmente puntellata per ristrutturare qualche cornicione che di lì a poco sarebbe cascato in testa a qualcuno. Nella confusione generale dovuta alle incertezze di corsi che non partono a causa della riforma in procinto di approvazione, negli spazi della facoltà ci si muove tra striscioni ammucchiati, cartelli e volantini penzolanti, affissi senza criterio, che portano al disorientamento per eccesso di informazione, rendendo vano ogni sforzo per informare gli altri.

Certo, potrebbe essere l’ultimo dei problemi, specie se cominciassimo a contare le aule sporche e senza tavoli per appoggiarsi, le finestre rotte e tutto ciò che rende le nostre strutture tristi e fatiscenti. Per leggere questo elenco non basterebbero le quattro puntate di Vieni Via con Me.

Ma in fin dei conti, siete stati voi, cari studenti e care studentesse a ricordare in questi giorni che nel periodo della seconda guerra mondiale le città considerate bene comune venivano dichiarate città aperte, così prendendo spunto da ciò avete dichiarato la Facoltà di Ingegneria un luogo aperto. Che appunto è un luogo di cultura appartenente a tutti e come tale va trattato, contribuendo a renderlo un posto migliore.

Questa è un’esortazione a dare importanza all’immagine che trasmettete all’esterno, sia vostra e, perché no, anche della nostra stessa sede. Insomma fate qualcosa, prendetelo come un consiglio, una critica costruttiva perché, per utilizzare una metafora cinematografica, avete un pessimo direttore della scenografia.

Articolo Precedente

L’università occupata in attesa di (un) domani

next
Articolo Successivo

Petizione per una scuola costituzionale

next