Come racconta nel suo blog Giovanni Grasso, docente ordinario dell’Università di Siena, il nuovo governo dell’ateneo senese non dà la caccia a chi ha fatto sparire un quarto di miliardo di euro, ma a chi si accosta agli atti pubblici!

Da essere umano, persona viva, cittadino senese, prima che da studioso appassionato o medico legale o professore universitario, voglio e debbo sapere e far sapere urbi et orbi – pretendendo pene e relativi recuperi – dove sono finiti i soldi della comunità e da chi sono stati sottratti o distratti. Altro che bilanci da rendere riservati nel nome di una “privacy” che neppure là dove ha motivo di esistere – cioè per i dati sensibili, sanitari, sessuali – prevale sul pubblico interesse, tanto che si deve sapere, per poter intervenire con la forza, di ogni caso di malattia infettiva o venerea che metta a rischio la salute altrui.

Un quarto di miliardo di euro svaniti, scomparsi, sfumati, un ateneo fallito e sputtanato, il futuro compromesso a migliaia di persone che a vario titolo con l’università e nell’università agiscono… e non poter nemmeno sapere chi sono gli irresponsabili da manicomio criminale che hanno prodotto questa devastazione di una essenziale risorsa culturale, di un eccezionale monumento storico, di un alto riferimento internazionale. E quelli che oggi vorrebbero amministrare e governare macerie e vittime nel nome di un non meglio definito “uso improprio” decidono di secretare verbali e bilanci e schedare chiunque osi rendere di pubblico dominio notizie e dati o anche solo informarsi.

Di qualsiasi cosa nella umana convivenza si può fare “uso improprio” ma, sempre che ci si trovi in ambiti civilizzati, il confine da non valicare è solamente quello oltre il quale si configura “l’illecito penale” ed è un giudice a stabilire se la violazione della norma penale sussiste. Altrimenti per evitare “l’uso improprio” dei libri che chiunque può impugnare e brandire alla stregua di corpi atti a contundere si interverrebbe ostacolandone l’accesso e registrando tutti i potenziali pericolosi aggressori, prima facie fruitori di sussidi culturali cartacei.

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