Il processo si farà. Dopo mesi e mesi di inchieste Thomas Cassuto, giudice istruttore di Nanterre, ha deciso di portare Edf, il colosso energetico francese, sul banco degli imputati. L’accusa? Aver ingaggiato un hacker per spiare un dirigente di Greenpeace, inserendosi nel suo computer. L’obiettivo dell’azienda (per di più, pubblica) era di conoscere in anticipo le mosse dell’Ong riguardo alla contestazione del nucleare, uno dei principali business di Edf.

L’affaire risale al 2006. Allora direttore delle campagne di Greenpeace France era Yannick Jadot, oggi eurodeputato per i Verdi francesi. Al centro delle proteste dell’organizzazione in quell’anno (come pure oggi) il nucleare. E, in particolare, l’Epr, il reattore di terza generazione, fiore all’occhiello della tecnologia francese. E’ lo stesso tipo di impianti che Silvio Berlusconi si è visto rifilare dai «cugini» d’Oltralpe: un accordo del febbraio 2009 concluso da Edf ed Enel prevede la costruzione di quattro Epr in Italia. Ma il reattore è assai contestato, per diverse ragioni, sicurezza compresa. Già nel 2006 Greenpeace si poneva questioni al riguardo (dubbi confermati in seguito perfino dalla Stuk, l’Autorità della sicurezza nucleare della Finlandia, dove uno dei primi Epr è già in fase di costruzione avanzata). Era proprio Jadot a gestire la campagna anti Epr a Parigi. E a raccogliere informazioni sull’argomento.

Cosa ha fatto Edf, gruppo pubblico, che sempre si è vantato di essere «vicino ai cittadini»? Ha firmato segretamente un contratto con la Kargus Consultants, società creata da un ex dei servizi segreti francesi, Thierry Lorho, specializzata nelle investigazioni difficili. La Kargus poteva contare su un hacker dalle capacità eccezionali, Alain Quiros. Proprio lui è riuscito a penetrare nel computer di Jadot. Il frutto di questa pirateria informatica è stato scoperto all’interno di una cassaforte, nella sede centrale di Edf, un Cd-rom con tutti i files del computer del dirigente di Greenpeace. Quiros è stato utilizzato anche in contesti diversi, apparentemente al servizio del ciclista americano Floyd Landis, vincitore del Tour de France nel 2006, ma poi inchiodato da un controllo positivo al testosterone: l’hacker si sarebbe accaparrato di dossier, che riguardavano il corridore, sottratti al sistema informatico centrale del laboratorio francese anti doping. Quiros è stato anche al servizio di Vivendi, gruppo francese già  al centro di un tracollo finanziario, per spiare l’avvocato dei piccoli risparmiatori, che avevano fatto causa contro la società. Il processo riguaderà tutte queste vicende.

Ma il caso più scandaloso resta quello di Edf, un’azienda di Stato. Che ancora oggi si difende scaricando tutte le responsabilità sulla Kargus, che avrebbe semplicemente «esagerato» nelle sue indagini. Il contratto concluso da Edf con questa società dalle attività oscure stabiliva di «vegliare» su Greenpeace. Un termine generico che è stato spiegato dal suo presidente, Lohro, in questo modo: «L’oggetto reale del contratto era penetrare nella rete informatica di Greenpeace per anticipare le loro azioni contro l’Epr. E’ ovvio che in quel documento non potevamo mettere esplicitamente che ci chiedevano di utilizzare un hacker». Fra gli imputati del processo compariranno due ex responsabili della sicurezza interni a Edf, all’origine del contratto con la Kargus, ma anche il gruppo in qualità di persona morale. «Sono soddisfatto per la decisione del giudice istruttore», ha sottolineato Yannick Jadot, che ha lottato a lungo perché la vicenda non fosse insabbiata, al pari di tante altre. Ai tempi dei fatti l’attenzione di Greenpeace si rivolgeva soprattutto alla vulnerabilità dell’Epr nel caso di attentati come quello delle torri gemelle. «Cio’ che aspetto dal processo – ha aggiunto Jadot – è l’identificazione delle responsabilità che hanno potuto condurre una grossa impresa pubblica ad azioni illegali di spionaggio». Insomma, capire se la decisione è stata presa, come sembra possibile, nelle alte sfere di Edf.

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