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di Emiliano Di Marco
L’esecuzione di Teresa Buonocore, 51 anni, di Portici, mamma incensurata di tre figli, uccisa come un boss della camorra mentre era in auto nella zona orientale di Napoli, ha lasciato molti di noi letteralmente senza parole. Teresa Buonocore sarebbe morta per aver testimoniato, sostenendo l’accusa della figlia più piccola, contro Enrico Perillo, un geometra suo vicino di casa a Portici che ha abusato della bambina. Perillo, attualmente in carcere dopo la condanna in primo grado, è stato già denunciato per abusi anche su un’altra minore. I destinatari del provvedimento di fermo per omicidio, Alberto Amendola, di 26 anni, che di professione fa il tatuatore, già condannato per possesso illegale di arma da fuoco, e Giuseppe Avolio, di 21 anni, avrebbero avuto da Lorenzo Perillo (fratello di Enrico impegnato in politica) la promessa di un compenso di poche migliaia di euro. Tra gli elementi che avrebbero incastrato i due presunti assassini anche i messaggi che i due si sarebbero scambiati su internet durante la pianificazione dell’omicidio attraverso la posta o la chat di Facebook.

Il “profilo” Facebook di Alberto Amendola colpisce per la sua assoluta normalità. La familiarità del suo volto è tale che per un attimo ho temuto si trattasse dello stesso tipo che mi fece un tatuaggio sulla spalla qualche anno fa. Ovviamente non è così, ma credo sia stata quella familiarità che Facebook instaura con l’immagine di un volto, di una faccia, a farmi venire il dubbio. Nel riquadro di Facebook che generalmente si usa per dare una definizione, Alberto Amendola ha scritto : “amo la mia arte magica del tatuaggio credo in me stesso“. “Credo in me stesso”, “Amo il mio lavoro”, “amo la mia arte”, sono le frasi che ricorrono nei post pubblicati negli ultimi due mesi che si possono vedere, quasi sempre foto di suoi lavori di tatuaggio. Nei commenti alle foto, ringrazia sempre chi gli fa i complimenti con gentilezza, “grazie fratello credi a te stesso e avrai lo stesso risultato“, “nn ho parole x i vostri complimenti“, “tesoro nn so che dirti x i tuoi magnifici complimenti grazie“, “grazie per i vostri magnifici complimenti”. Le poche informazioni che possiamo vedere sul profilo di Giuseppe Avolio invece, un ragazzo nato solo nel 1990, ci dicono invece molto di più, ed hanno giustamente scatenato l’attenzione di molti media. La foto visibile a tutti è quella di un ragazzone sorridente, che sostiene di essere nato a Bogotà e di vivere ad Amsterdam, due luoghi che nell’immaginario di un adolescente sono facilmente associabili al culto delle droghe. Non è che su questo ci sia da criminalizzare tanto, anche io quando ero ragazzo sognavo i coffee shop di Amsterdam, piuttosto che i suoi canali e i formaggi olandesi. Bogotà, indicata come località di nascita, sta però ad evocarci, forse, la droga di “sistema per eccellenza”, la cocaina, aderendo perfettamente allo spirito policonsumista delle droghe di questi ultimi anni, che invece quando io ero adolescente non c’era. Si dichiara inoltre ateo e di avere studiato alla “John Dillinger School 13”, che altro non è che un americano celebre per le sue rapine alle banche, armato di mitra, agli inizi del ‘900. La frase con la quale si presenta: “Sono cresciuto in mezzo a gente dura. E noi dicevamo che si ottiene di più con una parola gentile e una pistola che solo con una parola gentile”, potrebbe trovarsi sulla pagina di qualsiasi ragazzo della sua età, di un quartiere difficile. Letta però dopo l’omicidio di Teresa Buonocore, acquista un significato che dà il senso di un annuncio, di un giuramento. Tra i datori di lavoro, Giuseppe Avolio indica sé stesso e “Il Capo dei capi”, la miniserie televisiva, prodotta dalla Taodue e diretta da Alexis Sweet e Enzo Monteleone, andata in onda su Canale 5 tra ottobre e novembre del 2007, in cui viene raccontata la storia di Totò Riina. Risulta iscritto alla delirante pagina dei fan di Raffaele Cutolo. Vado avanti tra le pagine fan di Giuseppe Avolio e scopro anche l’esistenza di una pagina dedicata proprio alla serie “Il capo dei capi”, con oltre 10.000 fan, dove si possono leggere frasi come: “I camorristi ragionano sempre con il cervello e mai con il cuore”, e tra i commenti “la mafia è bene la mafia è giusta”, “uccidere è piu ke giustoooooo… viva la maffiaaaaa“. Quando ho spento il pc mi è subito tornata in mente la frase che pronunciò Berlusconi contro gli autori dei libri che raccontano di mafie e contro “La Piovra“ ed ho pensato “che strano mondo questo Facebook“: censura le pagine di chi si oppone alla “legge Bavaglio” e poi lascia che si diffondano gruppi che esaltano criminali, assassini e nemici dello stato e della società.

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