Conoscere la verità, fare in modo che i cittadini ne vengano  (o non ne vengano ) a conoscenza è il problema numero uno di qualsiasi Stato. Tutto si gioca lì, una parola soltanto. E più una democrazia è forte, più verità riesce ad accettare. Adesso noi italiani siamo ad una svolta: di verità ne abbiamo sempre avuta poca, la nostra democrazia è fragile e spesso è ricorsa alla censura, alle pressioni, ai depistaggi per riuscire a sopravvivere, appoggiandosi anche alla criminalità. Ma è storia antica. Anche l’imprenditoria degli anni venti non si fece problemi a usare i manganelli dei picchiatori fascisti. Abbiamo una tradizione di illibertà.

Ma adesso chi ci governa, con la complicità di una parte della classe dirigente, vuole di più, vuole piegare completamente la magistratura al proprio potere, e zittire la stampa libera intimididendo editori e giornalisti con la minaccia di multe altissime e la prigione.

Nei Paesi anglosassoni esistono leggi come il Freedom of Information Act che proteggono il giornalismo investigativo e garantiscono il diritto di trovare e pubblicare documenti nel pubblico interesse. In Italia no. Qui editori e giornalisti hanno grosse difficoltà a fare inchieste autonome perché sempre esposti alle querele per diffamazione con richieste di risarcimenti enormi. Per questo essi si appoggiano alle inchieste giudiziarie (ma ciò nonostante le querele arrivano lo stesso), proprio per limitare al massimo possibili contestazioni. Con la nuova legge, che proibisce la pubblicazione delle intercettazioni e degli atti delle indagini, anche questa possibilità viene meno, così il diritto all’informazione è compromesso. Il giornalista rimane esposto alle querele, all’arresto, alle multe. E con lui l’editore (passibile di multe molto più elevate).

Inoltre pochi sanno che, come ha ricordato l’avvocato Katia Malavenda, il ddl prevede per l’editore l’obbligo di pubblicare a sue spese eventuali rettifiche da parte di chi si sente criticato ingiustamente in un libro. L’editore deve garantire due pubblicità su testate scelte dalla parte offesa, prima ancora dell’accertamento della magistratura. Decine di migliaia di euro. Un danno enorme, che può ripetersi ed essere esponenziale. Un’arma in più contro gli editori (soprattutto i più piccoli) che vogliono essere liberi. Sembra non esserci scampo, per questo dobbiamo reagire e la società civile che crede nella parola, nella verità, nella democrazia deve esserci al fianco e non farci mancare il suo appoggio.

Articolo Precedente

Milano contro il Bavaglio

next
Articolo Successivo

Emilio Fede “lancia” il No Bavaglio Day

next