A settant’anni suonati non immaginavo di dovermi imbattere nel revival di alcuni tra i più indecenti e meschini orrori novecenteschi; coniugazioni di protervia e servilismo, seppure nel canonico passaggio dalla tragedia alla farsa. Che altro sono se non una riedizione della caccia alle streghe le pratiche retrostanti l’affermazione del Torquemada-garante Grillo che “la democrazia ha le sue regole”? Nel caso variabili a piacere, per criminalizzare chicchessia secondo capriccio o convenienza.

Di che altro si tratta se non di logiche da processo staliniano il baluginare di accuse infamanti, eppure indicibili e mai specificate, con cui il Grande Inquisitore Grillo ha condannato al rogo la molesta Marika Cassimatis? Sulla base del singolare assunto giuridico “fidatevi di me”.

Che altro sono se non “compagnos de route” da Guerra Fredda i commentatori che hanno legittimato il repulisti sulla base di prove inoppugnabili (seppure non controllabili), loro assicurate da autorevoli colonnelli del Movimento? Anche se un tempo gli aderenti alla congrega degli allineati alla verità ufficiale si chiamavano Jean Paul Sartre e György Lukàcs, mentre i loro odierni epigoni esibiscono un retroterra culturale ben più modesto (e magari pop).

Essendo concittadino della strega destinata alle fiamme (seppure virtuali, ma non per questo meno ustionanti) mi sento in dovere di testimoniare in suo favore. Non perché abbia niente a che spartire con lei, ma per amore di verità. E di decenza, visto che non è tollerabile far passare la tesi giustificazionista dello scempio di umanità in corso, sostenendo spudoratamente che la Cassimatis sarebbe un’infiltrata dell’ultima ora; quando milita nel Movimento da un lustro, con una dedizione che in altri tempi mi spinse perfino a litigarci.

Dunque, la solita tecnica del processo imbastito su prove fasulle che ci riporta indietro di mezzo millennio, al clima che lo storico Carlo Ginzburg descrisse nel suo celebre studio “Il formaggio e i vermi”: i processi per eresia che diventavano immense operazioni manipolative delle psiche dei coinvolti, compresa quella del processato. Che alla fine si convinceva lui stesso di essere colpevole delle malefatte ascritte. Lo stesso massacro di verità, attuato nell’Unione Sovietica anni Trenta, con la messinscena delle grandi purghe descritte nel suo “Buio a Mezzogiorno” dallo scrittore dissidente Arthur Koestler. Lo schema mentale è ancora e sempre lo stesso, seppure riproposto in maniera farsesca. Difatti – a quanto ne so – la presunta adepta del Satana-Pizzarotti non intende aderire a nessuna altra lista per le prossime amministrative genovesi, annichilita da quello che i suoi carnefici morali potrebbero eccepire al riguardo. Anche se – a quanto si dice – starebbe valutando di tutelare il proprio onore battendo la strada che più di tutte lo Staff M5S paventa: l’azione giudiziaria con richiesta di danni.

Ma è lo spirito aleggiante sull’intera vicenda che andrebbe combattuto con forza (non strumentalizzato, come dimostrano di voler fare le code di paglia lunghe un chilometro dei renziani). Per questo bisognerebbe recuperare lo spirito battagliero di un Voltaire (non quello totalitario di un Rousseau, cari Casaleggi), contro la caccia alle streghe e l’oscurantismo. Le rinascenti superstizioni secolarizzate.

“Il superstizioso sta un furfante come lo schiavo al tiranno” scriveva nel suo Dizionario filosofico il grande illuminista.

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