Vogliono relegarlo a passato da sotterrare, a cosa di cui vergognarsi. Invece il caso greco non è archiviato, né risolto. E’ lì che peggiora, ogni giorno, nella sua tragica interezza. Le improbabili mosse di Stati, ministri e intermediari hanno prodotto lo status quo attuale. La Grecia affonda ancora, nel silenzio generale, con numeri che non tornano, con riforme solo sulla carta, con prestiti concessi a chi non è solvente, con favori ai soliti amici (anche stranieri) e prospettive magre che fanno moltiplicare la fuga di giovani e professionisti di mezz’età, con famiglia al seguito. La mancetta natalizia che Tsipras sotto forma di finta tredicesima ha dato ad alcuni pensionati potrebbe trasformarsi in deleterio boomerang, per via delle clausole di salvaguardia (altri tagli a pensioni e stipendi) che scatterebbero già a giungo in caso di mossa senza coperture (come quella decisione è stata).

Il grande successo dell’euro limita i danni solo grazie allo sforzo di cooperanti, volontari anche italiani: lodevoli iniziative sporadiche che non riescono però, da sole, ad affrontare le immense fatiche di Ercole che sono ancora davanti alla strada del Paese che, con tutti i limiti e i disservizi che accusa, non sembra vedere la fine del tunnel.

Michalis Giannakos, Presidente della Federazione panellenica dei lavoratori negli ospedali pubblici (Poedin), ha nei giorni scorsi lanciato l’ennesimo allarme sanità in Grecia: “I nostri ospedali sono diventati luoghi pericolosi”, accusa. Il motivo? I tassi di mortalità sono in aumento, come le infezioni ospedaliere che causano pericolo di vita, con in più una cronica carenza di personale e di attrezzature mediche. Tutto ciò sta indebolendo il sistema sanitario in Grecia, già precario, dopo che l’austerità incontrollata nel paese ha colpito e fiaccato i gruppi sociali più deboli (e solo quelli). E attacca: “In nome di obiettivi di bilancio difficili da raggiungere, persone che potrebbero sopravvivere, invece muoiono nei nostri nosocomi”.

Come si evince dai dati recentemente pubblicati dal Centro europeo di controllo e prevenzione delle malattie, circa il 10% dei pazienti in Grecia è a rischio di infezioni ospedaliere potenzialmente fatali, con una stima di 3.000 decessi avvenuti nel biennio di crisi 2011-2012 per questa causa. Il tasso era significativamente più alto nelle unità di terapia intensiva e nei reparti neonatali. E nonostante il fatto che i dati si riferiscono a 5 anni fa, gli ultimi dati disponibili secondo Giannakos fanno pensare che la situazione sia sensibilmente peggiorata.

“Per ogni 40 pazienti vi è un solo infermiere”, dice, citando il caso di una donna morta il mese scorso dopo un intervento chirurgico di routine ad una gamba in un ospedale di Zante. “I tagli sono tali che, anche in unità di terapia intensiva abbiamo perso 150 posti letto”. Inoltre più di 2,5 milioni di greci (quasi un quarto della popolazione) sono ad oggi senza copertura sanitaria e moltissimi sono i medici in pensione che non vedranno mai la liquidazione.

Di sanità ellenica ne abbiamo scritto moltissime volte, come il fatto che sulla crisi greca ci sono ancora pagine bianche che qualcuno forse non ha interesse a riempire, come sulla Lista Lagarde, sullo scandalo Siemens o su certe privatizzazioni tramutatesi in affaroni per chi acquista.

Se penso ancora che Greco sia l’Eroe d’Europa? Sì, per questo ho intitolato così il mio pamphlet per Albeggi editore che racconterò agli amici di San Martino Siccomario (Pavia) il prossimo 14 gennaio partendo da un quesito tanto semplice quanto drammatico: regole uguali per Paesi ancora diversi, come non si chiude la crisi greca dopo 4 memorandum?

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