La questione posta dalla sentenza dell’Alta Corte britannica non è di poco conto: il governo non potrà attivare l’articolo 50 del trattato di Lisbona per uscire dall’Unione europea senza passare per il voto del Parlamento.

Quindi, la Brexit decisa dal voto popolare tramite referendum non potrà avvenire senza un voto del Parlamento di Westminster che la ratifichi, perché – così hanno stabilito i giudici – nessuna legge che abbia effetto sul Regno Unito può entrare in vigore senza passare per il Parlamento (e l’uscita dalla Ue non è solo una questione di politica estera perché avrà molti effetti anche sulla legislazione interna).

Questa è la premessa che sappiamo.

La reazione immediata alla decisione dei giudici dell’Alta Corte è stata un generale grido di dolore per il tradimento della volontà popolare. Ma come? Il popolo ha deciso tramite un referendum e la volontà del popolo va rispettata. Il web è già pieni di “webeti” che si stappano le vesti e se la prendono con i poteri forti, con i giudici, con gli emissari della Merkel, con le oscure forze del Male che tramano contro il referendum, e chi più ne ha più ne metta.

Cerchiamo di affrontare la questione da un altro punto di vista.

Il popolo britannico che il 23 giugno per referendum ha deciso di uscire dalla Ue, è lo stesso che ha votato un Parlamento che per due terzi è contro l’uscita dalla Ue.

E’ lo stesso popolo, ma i risultati sono diversi perché il sistema elettorale in Gran Bretagna è diverso. Nel referendum una testa vale un voto, nel sistema elettorale maggioritario che sceglie i parlamenti di Westminster in un collegio viene eletto chi ha avuto la maggioranza dei voti più uno (cioè il 50% più uno). Si potrebbe aprire un lunghissimo dibattito sul sistema elettorale britannico, ma non è certo questa la sede. Di fatto la situazione è questa.

Ora, voi immaginatevi di essere gli elettori di un collegio dove ha vinto un deputato che si è impegnato per il Remain. E i parlamentari inglesi, a differenza di quelli italiani, hanno uno stretto rapporto con la propria Costituency: non dico che conoscono per nome i propri elettori ma poco ci manca. Hanno comunque un rapporto molto stretto con le proprie comunità e rispondono direttamente a loro. Questo è il succo della democrazia rappresentativa: il parlamentare rappresenta il popolo che lo elegge. Insomma, di Razzi in Gran Bretagna non ce ne sono. I casi di cambio casacca sono rarissimi.

Mettiamo che quello stesso collegio che ha eletto il deputato per il Remain, abbia votato per Brexit. Come la mettiamo? E’ sempre il popolo che ha deciso. Non ci sono poteri forti o altre malefiche energie che interferiscono.

Vale più il popolo del referendum, o il popolo che ha eletto il Parlamento? Si torna sempre al popolo, in ogni caso.

Ma non finisce qui. Il potere al governo di Theresa May per applicare l’articolo 50 senza passare dal Parlamento viene dalla cosiddetta “Royal Prerogative”, cioè la prerogativa reale, ossia i poteri che un tempo esercitava il sovrano e che adesso sono stati trasferiti all’esecutivo.

E quindi, a chi si strappa le vesti per il “tradimento” del voto popolare chiedo: è più giusto che una decisione venga presa da un governo che può farlo perché esercita una “prerogativa reale” (già il concetto è ridicolo, ai giorni nostri) o da un Parlamento che esercita la sua funziona di rappresentanza democratica?

A mio modestissimo avviso, vista la complessità della questione, la seconda ipotesi è molto più democratica della prima. Io preferisco che a decidere sulla mia testa sia un Parlamento democraticamente eletto che un esecutivo che agisce per “prerogativa reale”.

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