Alla fine gli abitanti di Gorino hanno vinto. La corriera con a bordo 12 donne, tra cui una ragazza incinta all’ottavo mese, e 8 bambini non si fermerà nel loro paese. Le barricate che hanno bloccato la stradina comunale, unico accesso alla struttura scelta dal prefetto di Ferrara come ricovero per i profughi, è rimasta bloccata fino a notte. Non appena nel piccolo paese del Basso Ferrarese, stretto tra Delta del Po, Boscone della Mesola e Adriatico, si è diffusa la notizia della ordinanza prefettizia, praticamente l’intera popolazione – circa 600 anime – si è ammassata lungo il percorso che la corriera avrebbe dovuto attraversare. Automobili parcheggiate su entrambi i lati della stretta carreggiata, un furgoncino di traverso, bancali di legno e bidoni di metallo sono diventati improvvisate barricate che hanno fatto accorrere sul posto carabinieri e Digos.

A sbarrare la via verso l’ostello bar, dal nome che oggi suona quasi uno scherzo, “Amore e Natura”, si sono radunate in pochissimo tempo trecento persone. Trecento persone e un’unica voce: “Noi i profughi non li vogliamo”. In pochi minuti il taccuino si riempie di grida: “portateli in albergo, lontano, ma non qui”; “vediamo tutti i giorni in tv cosa succede”; “se li prendano in casa Renzi e la Boldrini”.

Ulteriore preoccupazione riguarda proprio la struttura eletta a rifugio, l’unico bar del circondario: “ma come si fa a metterli nel bar ostello, che ora dovrà chiudere perché non ci andrà più nessuno. Senza contare che così si uccide anche la risorsa del turismo”. Ancora più preoccupata, perché toccata da vicino, Annemarie, la ragazza che vi lavora come cameriera: “come faccio io ad andare là alle 6 di mattina, con il buio, da sola? E se mi fanno qualcosa?”.“Noi non siamo mai stati razzisti – ripete chi in quell’ostello ci andava quando era ancora un asilo, più di 50 anni fa -, lo stiamo diventando grazie a loro”.

Strana coincidenza per chi poco più di mezzo secolo fa si rese famoso in Italia per il proprio eroismo. Era la notte del 17 novembre del 1951, l’alluvione del Polesine e i pescatori di Gorino, “questo pugno di uomini intrepidi” – come riportano le cronache di allora – risalirono con le loro barche piatte la piena del Po, nel Rodigino, per portare aiuto alla popolazione. Allora “salvarono dalle acque 320 donne e bambini”.

Oggi sono invece tornano all’onore delle cronache nazionali per la paura di ricevere venti donne e bambini che vengono anch’essi dalle acque, questa volta del Mediterraneo. A margine del presidio è presente anche il sindaco del Pd Diego Viviani che, scandagliato da centinaia di sguardi diffidenti, non se la sente di dar torto ai propri compaesani: “Quella della prefettura mi sembra una decisione affrettata; non capisco la scelta di Gorino, paese lontano dal resto della provincia. È una difficoltà oggettiva anche per le cooperative di accoglienza provvedere a cibo e quant’altro”.

Alla fine, attorno alla mezzanotte, mentre i manifestanti promettono proteste a oltranza, arriva la lieta novella: la corriera ha già deviato il percorso per motivi di sicurezza e i venti profughi sono destinati altrove.

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