Come Dario Fo sia diventata “la guida morale” del Movimento 5 stelle ancora si fa fatica a spiegarlo. C’è, però, un quando. Ed è il febbraio 2013: piazza Duomo a Milano e la chiusura della campagna elettorale con la quale – come pochi si aspettavano – Beppe Grillo e i suoi avrebbero rovesciato il tavolo. Il premio Nobel per la Letteratura già da tempo aveva espresso la sua vicinanza al Movimento, ma quel giorno diede la sua benedizione urlata da sotto il colbacco: “Noi non siamo riusciti a cambiare le cose, fatelo voi”. Dove il “noi” era la sua generazione di sinistra e il “voi” gli attivisti di un Movimento che avrebbero dovuto fare la rivoluzione. Era solo l’inizio di un’alleanza con il vecchio amico Grillo che è andata avanti poi per anni: c’era Fo sul palco per le elezioni europee, c’era con i suoi videomessaggi per la Notte dell’Onestà a Roma nel 2014 e c’era a Palermo per Italia 5 stelle meno di due settimane fa. Il suo intervento di solito veniva poco dopo o poco prima quello del leader: lo anticipavano i comizi gridati dei parlamentari e attaccava con un monologo che faceva  ammutolire gli attivisti che cercavano di tenere il filo.

Quando per la prima volta la politica italiana lo ha visto salire sul palco con i grillini, i commentatori lo hanno definito “l’anima di sinistra” del Movimento, quello che avrebbe permesso a Grillo e Casaleggio di rubare voti al Partito democratico e anche oltre. Forse all’inizio, ma gli interventi dissacratori e polemici contro il governo Renzi lo hanno sempre più distanziato da quel mondo che in un primo momento tutti si erano immaginati che rappresentasse. I “suoi meravigliosi amici” Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo, come li definì all’inizio del viaggio nel 2013, del resto hanno sempre chiesto di distanziarsi dal mondo della politica tradizionale e lui non ha avuto niente da dire. Una sola volta si è permesso un’osservazione, ascoltata ma non gradita, sulla linea: quando i grillini hanno iniziato a parlare dell’alleanza con l’ultranazionalista di destra Nigel Farage in Europa. “Bisogna essere prudenti”, disse. Ma l’emergenza per il premio Nobel è finita lì. Tanto per dirne una, è stato tra i primi a dire che non avrebbe voluto un governo M5s-Pd subito dopo le elezioni del 2013, un’ipotesi invece sempre caldeggiata dalla sinistra che guardava al Movimento per evitare le larghe intese con Silvio Berlusconi: “Non ci sono garanzie”, disse. “Senza garanzie, sei imbecille. Questi giocano a poker, col morto. Fanno i trucchi”. Voleva “un governo di personalità”, ma arrivarono prima Letta e poi Renzi e lui si unì al fronte di opposizione.

E’ sempre stato guardato storto dai compagni di un tempo, quelli che con lui avevano militato a sinistra. Fu tra i fondatori del Soccorso rosso per monitorare le condizioni degli attivisti di sinistra in carcere e insieme alla compagna di vita Franca Rame portò in giro gli spettacoli in varie realtà di occupazione e militanza. Dopo il Terzo V Day a Genova, quando comparve di nuovo al fianco di Grillo, ricevette una lettera dal vignettista Vauro dall’incipit “Caro compagno cosa ci facevi sul palco”. A quelle parole rispose sul Fatto Quotidiano spiegando che secondo lui il Movimento riportava “le nostre stesse idee e i nostri stessi programmi” ed elogiò quella “straordinaria assemblea composta da giovani e anziani, disoccupati e privi di prospettive, spesso disperati, che mi hanno ascoltato applaudendo”. Era tutta lì la sua fascinazione per i grillini: vedere il compimento di un progetto politico che secondo lui non era molto diverso da quello della sua militanza del passato.

Nel 2005 si era candidato alle primarie del centrosinistra, poi corse alle amministrative da indipendente. Beppe Grillo tra il serio e il faceto disse di essere pronto a fare il suo assessore. Erano gli inizi di un’intesa politica che si trascinerà per molto tempo. La voce di Dario Fo arrivava sempre subito dopo l’annuncio di una nuova battaglia: che fosse in favore del referendum per l’acqua pubblica o del primo Vaffanculo Day a Bologna o della prima Woodstock 5 stelle di Imola. “Ho toccato con mano cos’è la politica”, commentava nel 2007, “e ho visto furbastreria, corruzione, inciuci. Ma soprattutto mi ha colpito il vuoto, la mancanza di approfondimento dei temi. Quello che fa paura è che i politici non hanno programmi”. Disse anche che “Grillo non vuole fare un partito, ma un movimento di coscienza” e forse proprio lì non aveva capito le ambizioni M5s. A Imola nel 2010 duettò con Grillo nella canzone “Ma che cazzo ci stiamo a fare qua”, prima di salutare la folla dicendo: “Mi dispiace solo di essere un po’ anziano e di non poter stare tutto il tempo con voi”.

A inizio legislatura proprio il comico lo propose a Napolitano come senatore a vita, ma lui rifiutò dalle colonne del blog: “E’ semplice: non potrei tornare a vivere le angherie, le furberie, i trucchi e tutto quello che è indegno quando si pensa alla politica”. Gli iscritti M5s lo votarono tra i papabili candidati presidente delle Repubblica quando poi venne scelto Stefano Rodotà come nome di bandiera. Insomma l’incoronazione a guida e punto di riferimento era già avvenuta senza bisogno di investiture. Solo nei mesi scorsi, nel pieno del caos Roma, si era ipotizzato di dargli un incarico all’interno dell’organizzazione del Movimento perché potesse supportare il garante Grillo rimasto solo dopo la morte del cofondatore Gianroberto Casaleggio.

Questa è la cronaca degli ultimi anni di attivismo, ma non finisce qui. Tra le interviste e gli interventi dai palchi c’è anche una storia meno conosciuta che unisce Dario Fo al Movimento. E passa per il Meetup di Cesenatico: il premio Nobel ha sempre trascorso i mesi estivi nella sua casa per le vacanze in Romagna e per questo ha guadagnato pure la cittadinanza onoraria. I grillini da quelle parti li conoscono tutti come “i ragazzi di Dario”, gente che non sa se ha iniziato prima ad apprezzare il comico o il premio Nobel e che questa mattina ha accusato il colpo più degli altri. Chiedetelo al consigliere M5s Alberto Papperini che nel 2012 ha ricevuto la telefonata di Fo: “Buongiorno io e Franca vorremmo partecipare a uno dei vostri incontri”. Da quel giorno, puntuale con l’arrivo dei turisti, arrivava anche lui sotto il sole romagnolo a discutere di Italia e di governo, ma anche di parcheggi e amministrazione locale. L’ultima sorpresa quest’estate quando si sono trovati pure con Grillo e Di Maio a visitare la sua mostra a Palazzo Grassi. E a quel punto la politica c’entrava poco. “E’ venuto per me”, disse ai giornalisti.

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