Via libera con paletti o, meglio, un rinvio de facto. Perché se l’Europa ha detto sì all’acquisto di olio tunisino senza dazi, al contempo il Parlamento europeo ha approvato due emendamenti che modificano la proposta della Commissione Ue. Da un lato il sì all’import extra di 35mila tonnellate di olio d’oliva per il 2016 e per il 2017 dalla Tunisia nell’Ue a dazio zero (che si sommano alle 56.700 già previste), e dall’altro solo a condizione che la misura sia limitata a questi due anni e solo all’olio originario dalla Tunisia, interamente ottenuto in loco e poi trasportato nell’Unione. In tutto fanno 90mila tonnellate solo da Tunisia, che vanno ad ingrassare la voce import fino alla cifra di 450mila tonnellate, nonostante il fabbisogno italico sia di appena 150mila tonnellate.

“Dopo il voto di oggi si riapre la partita sull’olio tunisino” commenta Paolo De Castro, coordinatore per il Gruppo dei Socialisti e Democratici della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo. “Sulle modalità di utilizzo, e non sui quantitativi, si era già espressa con una revisione normativa la Commissione stessa” hanno commentato dal Coordinamento Agrinsieme (formato da Cia, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari) con l’obiettivo di cassare la limitazione mensile al suo utilizzo. E hanno osservato che le conseguenze sono state immediate perché in soli due giorni a gennaio, in base alle nuove norme, è stato utilizzato già tutto il contingente 2016: cosa che mai si era verificata fino ad oggi. Con l’accettazione di due dei due paletti, si tenta di stoppare la proposta iniziale che riportava la discussione in Consiglio europeo.

Secondo De Castro l’esito del voto “non deve essere letto come una mancanza di attenzione alle richieste di un paese a noi prossimo duramente colpito dal terrorismo, ma come la consapevolezza che non possiamo mettere a rischio il già fragile settore olivicolo europeo senza peraltro essere sicuri dei veri beneficiari delle misure che erano state previste”. I timori iniziali erano concentrati sul fatto che l’olio tunisno avrebbe potuto sommarsi al trend negativo del comparto, con i fabbisogni delle imprese che hanno influito negativamente sull’andamento delle importazioni e del mercato. In Italia il prezzo degli oli extravergini e vergini, da febbraio 2015 a gennaio 2016, ha subito cali del 23% per gli oli vergini e del 39% per gli extravergini.

“Un ulteriore aumento del contingente di 35 mila tonnellate – è la posizione di Agrinsieme – avrebbe un impatto negativo ancora maggiore”. Il provvedimento, approvato ad ampia maggioranza, in seguito alle modifiche apportate dagli eurodeputati dovrà ora passare al vaglio del Consiglio Ue per essere riesaminato. “Ma come si fa a riconoscere l’origine geografica?” si chiede Francesco Cariello, vicepresidente Cinque Stelle della commissione parlamentare di inchiesta sulla contraffazione. “Si è attivata la creazione di una banca dati per la definizione delle varietà autoctone?”. Il nuovo quantitativo si andrà ad aggiungere alle 56.700 tonnellate a dazio zero già previste dall’accordo Ue-Tunisia, portando il totale oltre quota 90mila tonnellate. Il caso dell’olio tunisno si inserisce però in un più ampio ragionamento sull’extravergine, che tra i noti problemi della Xylella fastidiosa e delle frodi documentate dall’Agenzia delle Dogane (a cui il Ministero sta in queste settimane togliendo le competenze sanzionatorie affidandole all’Ispettorato Controllo e Qualità), presenta ancora aspetti molto oscuri. A fronte di una produzione interna di 450/500 mila tonnellate di olio, l’Italia ha un consumo di 600mila tonnellate: ne esporta 350mila e ne importa 450mila. La domanda a questo punto è: se il fabbisogno italiano è di 150mila tonnellate come ma l’Italia decide di importarne tre volte di più?

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