“Notevoli sospetti” sulla scrittura dei tre biglietti d’addio scritti alla moglie con un movimento irrituale sintomo di “non piena libertà di movimento”. Una ferita al capo “riconducibile a un corpo contundente”. E poi i segni sulle scarpe e le ombre visibili nelle immagini della telecamera di sicurezza, aspetti di cui Il Fatto Quotidiano aveva parlato un anno fa. Sono queste le basi sulle quali la moglie di David Rossi, il capo della comunicazione del Monte dei Paschi morto il 6 marzo 2013, ha chiesto e ottenuto la riapertura del caso, archiviato nel marzo 2014 come suicidio. Accanto ai deputati del Movimento Cinque Stelle Daniele Pesco e Giulia Sarti, il legale della vedova Luca Goracci ha snocciolato, in una sala di Montecitorio, una parte delle novità emerse dalle tre perizie presentate alla Procura di Siena il 6 novembre e che ieri hanno portato i magistrati senesi a comunicare il riavvio delle indagini. Rispondendo a una domanda, Goracci ha anche detto che “il possibile movente potrebbe essere nelle mail scambiate con il dg Fabrizio Viola nei giorni precedenti la morte, perché forse David era intenzionato a raccontare quel che sapeva”. E ha aggiunto che la famiglia darebbe l’assenso alla riesumazione della salma “se gli inquirenti dovessero richiederlo”. Un aspetto ritenuto importante anche da un perito di parte.

“Mio marito non aveva nulla da dire in Procura, ne sono certa, ma evidentemente qualcuno con la coscienza poco pulita ha avuto un momento di panico, non lo so”, ha sottolineato la moglie di Rossi, Antonella Tognazzi, a margine della conferenza stampa. Lei, che non ha mai creduto al suicidio, ora parla di “magra soddisfazione” per il nuovo input dato alle indagini dalle perizie di Gian Aristide Norelli, medico legale dell’Università di Firenze, del professor Giuseppe Sofia, già collaboratore di numerose procure italiane, e dell’ingegner Luca Scarselli. Nelle conclusioni dei tre esperti chiamati in causa dall’avvocato Goracci ci sono le motivazioni che hanno spinto il procuratore della Repubblica Antonio Vitello a riannodare i fili di quelle drammatiche ore consumatesi a Rocca Salimbeni, quartier generale del Monte Paschi, allora scosso dai casi Antonveneta e derivati.

La calligrafica: “Movimenti irrituali, non piena libertà di movimento” – Il lavoro svolto da Sofia sui biglietti, spiega Goracci, avrebbe dimostrato che “la grafia è autentica, cioè di Rossi, tuttavia non ha le caratteristiche di una scrittura libera ma rilasciata sotto evidente costrizione fisica o psichica”. Un lavoro minuzioso, quello del perito, fatto con raggi ultravioletti, a infrarossi e con osservazione in luce radente, che ha evidenziato “notevoli sospetti” come le “variazioni brusche del ritmo” e “una gestualità del movimento irrituale” nello scrivere i tre biglietti d’addio alla moglie ritrovati nel cestino dell’ufficio.

Le ecchimosi, la caduta e la ferita al capo – Una tesi che secondo Norelli è sostenuta anche dalle “ampie aree violacee” alle braccia, ai polsi, nella parte anteriore e posteriore del corpo. Aspetti già descritti dal consulente tecnico nominato dai pm che si occuparono del caso che però, ha detto Norelli, “difficilmente possono trovare la loro ragione in una caduta”. In particolare le lesioni agli avambracci e ai polsi non sarebbero un precedente tentativo di suicidio ma “segni di afferramento” poiché riguardano solo la parte superficiale della pelle. E c’è inoltre una ferita “triangolare” al cuoio capelluto che potrebbe essere stata determinata dall’impatto con il terreno o da un corpo contundente. Ma nel vicolo di Monte Pio dove viene rinvenuto il cadavere di Rossi, sottolinea l’avvocato, “ci sono lastre di pietra serena che non evidenziano dislivelli, sassi o spigoli che possano aver procurato una ferita lacero contusa”.

La caduta, il filmato e le scarpe – Sulla caduta l’unica perizia disponibile è quella dell’ingegner Scarselli, che spiega come la dinamica del volo di Rossi sia tale da poter dire che è “impossibile per chi si getta da una finestra” e auspica una simulazione con un manichino da crash test. Poi svela altre incongruenze di cui Il Fatto aveva già parlato in passato. Le scarpe con “la punta consumata e sottoposte ad attrito notevole”, compatibile secondo il perito, “con una colluttazione o un tentativo di immobilizzazione probabilmente da parte di due persone”. Che avrebbero poi gettato Rossi, a quel punto stordito, dalla finestra. Nei filmati della telecamera di sicurezza del Monte dei Paschi il corpo cade alle 19.43. La registrazione copre ciò che succede da pochi secondi prima della tragedia alle 20.48 e si nota “in almeno otto occasioni un’attività all’inizio del vicolo”. Frame, flash velocissimi, ombre di persone. “In qualsiasi registratore è stato inserito, il video dura 58 minuti e 20 secondi” pur coprendo, secondo il timer interno, un arco temporale di circa 65 minuti. “Non sarebbe stato un caso eclatante – dice il perito – se la telecamera si fosse attivata solo in certi momenti, tipo al passaggio di qualcuno, ma non è questo in caso”. E poi c’è quel numero digitato sul cellulare del portavoce della banca senese alle 20.16, nello stesso momento in cui nel filmato si nota un grave (l’orologio, secondo Goracci) che cade vicino al corpo di Rossi, spirato poco prima dopo 22 minuti di agonia.

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