di Jerome Massiani* (Fonte: lavoce.info)

Aspettative e realtà di Expo

L’Expo 2015 ha chiuso i battenti, con ampia soddisfazione dei molti che l’hanno visitata, una macchina organizzativa funzionante e un target di visitatori apparentemente raggiunto. Il lavoro svolto con dedizione dall’équipe di Expo ha consentito all’Italia di evitare la figuraccia che diversi avevano temuto.

Expo cerimonia di chiusura

Cosa possiamo dire invece dei benefici economici? Già in fase di candidatura avevo espresso i miei dubbi sulle aspettative che si erano delineate. Le previsioni prospettavano, infatti, importanti ricadute in termini di spesa dei visitatori: 3,5 miliardi destinati ad attivare da 4 (Certet 2010) a 4,3 miliardi di valore aggiunto (Sda 2013); un contributo al Pil complessivo per l’Italia da 10 (Sda) a 30 miliardi (Certet).

Pur mettendo da parte qui le critiche metodologiche formulate in altre sedi, possiamo ora valutare le stime di previsione alla luce di alcuni risultati preliminari di un nostro studio, basato su una raccolta dati realizzata tra i visitatori di Expo.

Per quanto riguarda la biglietteria, l’attenzione si è focalizzata sul superamento della soglia dei 20 milioni. Tuttavia, oltre alla discussa trasparenza dei dati, si è assistito a uno slittamento fra obiettivo in termini di visitatori e quello in termini di visite (da 24 a 29 milioni nel dossier di registrazione). E l’obiettivo delle presenze ha sostituito quello del ricavo, con numerosi sconti. Le previsioni erano di ricavi per 520 milioni di euro con 29 milioni di visite (prezzo 2015, p. 364 del dossier di candidatura), con tariffa piena a 42 euro e “prezzo medio di 18 euro” (cap. 13) – ipotesi sostanzialmente confermata nel dossier di registrazione (p. 417) nonostante le mutate condizioni economiche.

La variabile chiave per sapere se gli obiettivi sono stati raggiunti sarà dunque il ticket medio – di cui finora si è poco discusso.

Più importante della biglietteria è però la spesa addizionale dei visitatori. La Lombardia è probabilmente quella che ha guadagnato di più da Expo, perché ha attivato flussi delle altre regioni. Ma per l’Italia nel suo complesso? Su questo punto, si possono esprimere varie perplessità. In primis, la proporzione di stranieri è stata inferiore a quella prevista. Risultati preliminari indicano un 16 per cento di stranieri (soprattutto francesi e svizzeri) contro previsioni tra il 20 e il 30 per cento, secondo un’indagine Eurisko del 2013. I non-europei, cinesi o altri, raggiungono quote insignificanti. L’Expo ha per lo più captato domanda nazionale o addirittura regionale (38 per cento di lombardi) e non i flussi internazionali. Ancor più importante è il fatto che, nei benefici, deve essere contabilizzata solo la componente addizionale della domanda, ovvero chi non sarebbe venuto in Italia senza l’Expo (o chi ha prolungato il suo viaggio in Italia per la manifestazione).

Esistono diversi metodi utilizzati in ambito internazionale per valutare tali fenomeni. Sulla loro base, il nostro studio mostra che solo il 50,5 per cento delle presenze straniere (e l’1 per cento di quelle italiane) appaiono addizionali. Mentre la spesa addizionale sarebbe di 960 milioni di euro per gli stranieri e di non più di 30 milioni per gli italiani, per un totale stimabile in circa 1 miliardo, con effetti indiretti e indotti fino a 1,36 miliardi di valore aggiunto, contro i 4 pronosticati. Ai risultati ridotti rispetto alle aspettative della spesa privata, si aggiungono poi interrogativi sugli effetti rispetto alla spesa pubblica, che pure dovranno essere approfonditi.

Il beneficio economico dei visitatori dell’Expo si riassumerebbe dunque negli 1,3 miliardi di valore aggiunto generati dalla spesa turistica addizionale. Potrebbe apparire come un buon risultato, ma si tratta di un impatto lordo da confrontare con il costo sostenuto e un bilancio economico realistico sfida le facili interpretazioni. Già la nozione di costo dell’evento non è univoca: non ci sono infatti solo i costi d’organizzazione, si possono considerare anche gli investimenti per il sito o per le opere connesse; oppure, come purtroppo si fa raramente, aggiungere tutti i costi nascosti di tali eventi, come sicurezza, esenzioni fiscali concesse per l’evento e altri ancora.

Il dopo Expo

Anche i benefici post Expo sono in forse. Se si guarda a numerosi megaeventi passati, l’impatto sul turismo è incerto. Stessa cosa per l’investimento diretto estero. Per non parlare dell’aumento dei prezzi immobiliari, prospettato da diversi studi (Certet 2010, Sda 2013) come un beneficio dell’Expo, ma del quale sarà difficile convincere i milanesi.

Grazie all’impegno di chi ci ha lavorato, l’Expo, è stato un discreto successo, almeno in termini operativi e di immagine. Tuttavia, il beneficio economico appare difficile da stabilire: i flussi economici addizionali sono inferiori a quelli previsti, mentre i costi reali sono di difficile quantificazione. L’impatto lordo è comunque molto inferiore (fino al 95 per cento) a quello prospettato in fase di preparazione.

Non appare comunque una chiara appetibilità economica di questo tipo di eventi. Purtroppo, in questi casi l’analisi economica produce spesso studi “di circostanza”, commissionati dagli organizzatori, che, anche quando realizzati in buona fede, tendono a sopravalutare i benefici. Una situazione che deve far riflettere, anche in vista di future candidature come quella alle Olimpiadi con Roma 2024.

*Jerome Massiani lavora come Ricercatore Universitario presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e il suo settore disciplinare di afferenza è l’Economia Applicata. Le sue principali competenze di ricerca sono: valutazione economica e analisi costi benefici, modelli a scelta discreta, previsioni e pianificazione dei trasporti e impatto economico dei grandi eventi. 

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