Non solo tagli alla Sanità nel decreto Enti locali. Due emendamenti approvati in Senato cambiano le regole per la riduzione dei prezzi dei farmaci. ovvero d’ora in poi la rinegoziazione delle tariffe dovrà avvenire, si legge, “separando i medicinali a brevetto scaduto da quelli ancora soggetti a tutela brevettuale”. “E’ un regalo alle case farmaceutiche”, ha denunciato la deputata 5 Stelle Giulia Grillo. A firmare le richieste di modifica del provvedimento sotto accusa sono tra gli altri due senatori già dichiarati incompatibili da Raffaele Cantone secondo la Severino per il loro doppio incarico, ma salvati dalla Giunta per le Immunità a Palazzo MadamaLuigi D’Ambrosio Lettieri (Cri), presidente dell’ordine dei farmacisti di Bari e vicepresidente della Fofi (la Federazione degli ordini dei farmacisti italiani) e il numero uno del Fofi Andrea Mandelli (FI). Lo stesso Lettieri, di fronte alle accuse della collega 5 Stelle non nega, ma spiega a ilfattoquotidiano.it: “Non possiamo ammazzarle, è un modo per consentire loro un atterraggio morbido dopo i tagli al fondo sanitario”.

Grazie all’emendamento da domani la differenza di prezzo tra farmaci potrebbe aumentare. Il che significa che in farmacia potreste acquistare il medicinale branded coperto da brevetto a una cifra più alta. Il motivo è nascosto in un emendamento all’articolo 9-ter (comma 10, lettera b) del decreto sugli enti locali su cui lunedì 3 agosto il governo porrà la fiducia. Ecco, quel testo, entro il 18 agosto dovrà diventare legge. E all’articolo 9-ter, appunto, contiene una modifica, lunga una frase, che potrebbe sembrare un’inezia ma in realtà è un intervento chirurgico che mette le mani nelle tasche dei cittadini. La rinegoziazione del rimborso dei prezzi dei farmaci per categorie terapeuticamente omogenee a carico del Servizio sanitario nazionale (da cui ci si aspetta un risparmio sulla spesa pubblica) d’ora in poi dovrà avvenire, si legge, “separando i medicinali a brevetto scaduto da quelli ancora soggetti a tutela brevettuale”. In pratica che cosa vuol dire? “Che il calcolo per la ritrattazione del compenso non sarà più il risultato della media tra il valore economico del prodotto coperto da brevetto e di quelli off patent inclusi i relativi generici, che hanno costi inferiori – spiega Fabrizio Gianfrate, economista sanitario -. A questo punto il nuovo prezzo di riferimento del farmaco a tutela brevettuale sarà più elevato diminuendo il risparmio pubblico”. Il rincaro ipotizzato peserà sulle casse dello Stato “decine di milioni di euro” stima l’economista.

Oggi per un farmaco coperto da brevetto il cittadino paga il doppio, a volte il triplo, di quello che paga per un farmaco off patent (cioè quello con brevetto scaduto) e ancora di più per uno generico. Prendiamo il caso delle molecole usate per abbassare il colesterolo nel sangue, sesta voce di consumo in Italia. Alcune sono ancora sotto brevetto (che dura 20 anni), di altre esiste già l’equivalente, cioè la copia low cost, perché il diritto di esclusiva dell’azienda produttrice è decaduto e altre aziende l’hanno messa in commercio a un prezzo inferiore non avendo dovuto sostenere le spese di ricerca e pubblicità. Per esempio, una confezione da 28 compresse da 20 mg di Crestor (il principio attivo è la rovustatina), prodotto da Astrazeneca e tutelato da brevetto fino al 2017, costa 41,36 euro. Una di Torvast (il principio attivo è la atorvastatina), della Pfizer, off patent, 10,51 euro. Il suo generico invece costa 7,96 euro.

L’operazione tra l’altro è imminente. Entro il 30 settembre infatti l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) dovrà concludere le procedure di rinegoziazione dei rimborsi (finalizzate a una riduzione della spesa pubblica, che la Conferenza Stato-Regioni il 2 luglio ha stimato di 500milioni di euro) e riaggiornare il prontuario farmaceutico (lo strumento che indica per ogni confezione tipo di prescrizione, dosaggio, formula, modalità di somministrazione, costo). Per questo la deputata 5 Stelle Grillo ha gridato allo scandalo. Tra l’altro, ha aggiunto, “la trattazione sul prezzo di vendita dei farmaci tra l’Aifa e le industrie farmaceutiche è segreta, da sempre. Vi pare giusto non sapere come vengono spesi i nostri soldi?”.

Dietro ci deve essere stata una certa pressione. Altrimenti non si spiegherebbe come mai dello stesso emendamento ne esistono tre versioni identiche per filo e per segno. La prima porta la firma di tre senatori: del fittiano D’Ambrosio Lettieri (Cri) e di Andrea Mandelli (FI) appunto e di Antonio Milo (Gal), indagato a febbraio 2015 per falso e truffa nell’ambito dell’inchiesta su un centro di fisioterapia che, nonostante non fosse più attivo, rilasciava fatture a fronte di prestazioni mai eseguite per ottenere indebitamente il rimborso del Ssn. Proprio D’Ambrosio Lettieri difende il provvedimento: “E’ un modo per consentire alle case farmaceutiche”, ha detto a ilfattoquotidiano.it il senatore che occupa anche la poltrona di presidente dell’ordine dei farmacisti, “un atterraggio morbido dopo i tagli al fondo sanitario. Non possiamo ammazzarle, trainano il comparto manifatturiero con la più alta percentuale di export, sostengono il nostro Pil e portano avanti ricerca e sviluppo. I veri sprechi nella sanità stanno negli appalti pilotati, nella corruzione, nell’assenza di costi standard per gli ospedali. Ci vorrebe una centrale di acquisto sovranazionale”.

Lo stesso emendamento è stato presentato anche da Marcello Gualdani (Ncd) e a parte dal duo Salvatore Tomaselli e Giorgio Santini, entrambi del Pd. Ma l’articolo 9-ter del decreto sugli enti locali nasconde un’altra sorpresa al comma 11, quello successivo. Anche qui è arrivato il ritocco. Proposto da tre emendamenti gemelli. Quello firmato dal trio D’Ambrosio Lettieri-Mandelli-Milo. Poi i primi due, insieme, ne hanno confezionato un altro identico. Infine c’è quello targato Tomaselli-Santini. In ballo ci sono i farmaci biotecnologici a brevetto scaduto e la riduzione del prezzo mediante rinegoziazione dell’Aifa. Oggi come funziona? “Per i generici – scrive l’Aifa -la negoziazione del prezzo deve garantire una riduzione di prezzo di almeno il 20 per cento rispetto al prezzo del farmaco originatore, questo è stato applicato per analogia anche per i biosimilari”. Così compariva anche nella versione originale del comma 11, capoverso 33 bis. Ma i senatori hanno dato il via libera all’emendamento che cancella la frase “di almeno il 20 per cento”. Le conseguenze per i contribuenti non saranno acqua fresca. Lo denuncia Giulia Grillo del M5S: “Un altro assist alle case farmaceutiche dal momento che manterrebbe l’attuale situazione di mercato a favore dei titolari dei farmaci biotecnologici a brevetto scaduto. Tutto ciò nonostante la decadenza dopo dieci anni dell’esclusività del mercato”.

Articolo Precedente

Energia, la grande guerra delle poltrone. E il Pd esce sempre vincitore

next
Articolo Successivo

Poste ci prova: business delle multe fino al 2019. Monopolio con prezzi di consegna fuori mercato

next