L’esistenza di diversi regimi di tassazione in Europa, che di fatto rende alcune aree del continente quasi dei paradisi fiscali, al Regno Unito va bene così com’è. E il governo conservatore guidato da David Cameron si opporrà a un eventuale accordo sull’armonizzazione a livello europeo proposta dal commissario per gli Affari economici e monetari, con delega anche alle tasse, Pierre Moscovici. A rivelarlo è stato il Guardian, quotidiano progressista britannico, che ha raccolto le voci di alcuni europarlamentari di Bruxelles che nei giorni scorsi hanno incontrato alcuni esponenti dell’esecutivo Tory di Londra. “Il Regno Unito continuerà a supportare la competizione fiscale”, ha commentato l’eurodeputato tedesco Michael Theurer parlando con il Guardian. Una certezza che si è rafforzata dopo un incontro nella sede del parlamento europeo con David Gauke, sottosegretario con delega alle Finanze al ministero del Tesoro del Regno Unito.

Poco importa che negli ultimi mesi, anche nel Regno Unito, la politica si sia apertamente spesa contro l’evasione e l’elusione fiscale da parte delle grandi multinazionali. Era stato lo stesso Cameron, nei mesi precedenti le ultime elezioni politiche dello scorso 7 maggio che lo hanno riconfermato a Downing Street, a pronunciarsi contro la pratica di avere la sede legale in un qualsiasi Paese dove si paghino meno tasse e di operare invece, pienamente, nel Regno Unito. Londra considera questo fenomeno come l’escrescenza del ‘vizio’ delle imprese, che non è solo europeo, dell’elusione fiscale. Eppure, proprio quando ora si tratta di appoggiare una riforma europea che ponga fine alla pratica, il Paese della grande finanza della City si tira indietro. “Per noi è stato veramente scioccante sentire queste parole da un sottosegretario”, ha aggiunto l’eurodeputato Theurer durante l’intervista rilasciata al Guardian.

Theurer, del resto, fa parte proprio del comitato dell’europarlamento che è incaricato di analizzare le proposte in tema di armonizzazione fiscale. Il comitato era stato formato dopo lo scandalo LuxLeaks, che aveva rivelato una fitta rete di elusione fiscale in Lussemburgo. Nella giornata di mercoledì 17 giugno Moscovici ha presentato un primo progetto per nuove norme europee, ma è quindi molto probabile che ora Londra porrà il suo veto alla riforma, dopo che un precedente piano era già stato bloccato da alcuni Paesi europei nel 2011, senza nemmeno alcuna spiegazione ufficiale.

In realtà, interpellato dal Guardian, il ministero del Tesoro britannico ha provato a dare una spiegazione: “La tassazione diretta è una questione che coinvolge ogni Paese europeo e ogni decisione sulla tassazione diretta richiede l’unanimità da parte dei Paesi europei”, ha fatto sapere il governo con una nota. “Noi, nel Regno Unito, siamo pienamente coinvolti nelle discussioni internazionali sul fisco e abbiamo supportato diverse misure a livello globale, sia attraverso l’Unione europea che attraverso il G20 e l’Ocse, misure che rafforzeranno le regole internazionali per prevenire l’elusione fiscale da parte delle grandi aziende”. Una spiegazione che non sembra convincere più da tanto, scrive fra le righe il quotidiano londinese. Il governo Cameron solo lo scorso marzo, prima delle elezioni, prometteva “ulteriori sanzioni” alle multinazionali “beccate” a evadere le tasse o a pagarne meno di quanto dovuto. Ora, appunto, una decisione che sembra contraddire le buone intenzioni.

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