A febbraio si erano dimessi facendo decadere il consiglio comunale di Agrigento, adesso tornano quasi tutti per inseguire quella carica appena abbandonata. Travolti dalla bufera mediatica della Gettonopoli agrigentina, assediati dentro al municipio dalla protesta della cittadinanza, i consiglieri comunali della città dei Templi avevano preferito fare un passo indietro. Un addio solo momentaneo dato che adesso ventuno degli ex consiglieri comunali sono tornati in campo, candidandosi alle amministrative del 31 maggio prossimo: in pratica soltanto nove hanno preferito ritirarsi dalla politica cittadina.

E dire che poche settimane fa Agrigento era stata la prima città della Sicilia ad esere bollata come “Gettonopoli”, epiteto poi affibbiato a una decina di consigli comunali “spreconi” dell’Isola. Nella città dei Templi i trenta consiglieri comunali erano riusciti a riunirsi in commissione per ben 1.133 volte soltanto nel 2014: in pratica tre volte al giorno, tutti i giorni, compresi Natale e Ferragosto. Un numero di sedute spropositato, rimborsato ad ogni consigliere comunale con un gettone pari a 50,34 euro, per un totale di 285mila euro. Cifre che la Guardia di Finanza ha deciso di controllare dopo aver acquisito gli atti del consiglio comunale.

Alla fine, dopo che la popolazione era arrivata perfino a protestare davanti al municipio, i consiglieri agrigentini avevano deciso di dimettersi in massa: la data delle nuove elezioni, nel frattempo, era stata già fissata, in seguito all’abdicazione del sindaco Marco Zambuto, ex cuffariano oggi leader dei renziani di Sicilia, che aveva deciso di farsi da parte prima di essere sospeso dalla legge Severino, a causa di una condanna a due mesi e venti giorni per abuso d’ufficio (in appello è stato invece assolto). Per tornare in campo, quindi, i protagonisti della Gettonopoli hanno dovuto attendere soltanto qualche settimana.

L’associazione AgrigentoManifesta ha monitorato la situazione accorgendosi che ai nastri di partenza si sono ripresentati ventuno ex consiglieri, e cioè più dei due terzi dei dimissionari: tredici hanno trovato posto nelle liste che sostengono la candidatura a sindaco di Calogero Firetto, cinque sono stati accolti da Silvio Alessi, il vincitore delle primarie pasticcio poi boicottate dal Pd, mentre Giovanni Cirino e Giuseppe Di Rosa hanno addirittura deciso di provare a rincorrere personalmente la poltrona di primo cittadino. La corsa alla carica più alta della città di Pirandello, però, sembrerebbe ristretta a due candidati: Firetto e lo stesso Alessi. Il presidente dell’Akragas, la squadra di calcio neopromossa in Lega Pro, ha deciso di candidarsi nonostante il Pd abbia sconfessato le primarie: corre sostenuto da Riccardo Gallo, parlamentare di Forza Italia, e da Michele Cimino, ex gemello di Angelino Alfano e braccio destro di Gianfranco Micciché, oggi approdato al centrosinistra.

Dopo le primarie pasticcio e le dimissioni annunciate di Zambuto da presidente regionale del Pd (sorpreso in visita ad Arcore da Berlusconi), il Pd ha invece provato a lanciare un candidato tutto suo, incassando però il rifiuto di Angelo Capodicasa. Alla fine i democratici hanno deciso di appoggiare la candidatura di Firetto con una loro lista: in caso contrario, rischiavano di “scomparire” dalle schede elettorali. Più o meno quello che è accaduto ad Enna, dove il simbolo del Pd non sarà presente nella competizione elettorale. Rischiando d’incassare un divieto ufficiale direttamente dal Nazareno, l’ex impresentabile Mirello Crisafulli ha infatti deciso di optare per lista civica: si chiama Enna Democratica ed ha gli stessi colori e la stessa grafica del simbolo del Pd.

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