Quanto valgono le torri di Rai Way? Per Mediaset-Ei Towers 1,2 miliardi di euro. Per l’Unione europea anche di più. Così mentre a Roma Silvio Berlusconi punta dritto alle antenne della tv pubblica, a Bruxelles si delinea la nuova strategia a dieci anni per la banda UHF, i segnali di radiofrequenza che vanno dai 300 Mhz ai 3 Ghz su cui operano sia Rai Way che Ei Towers. Nel rapporto sul tema, voluto dall’ex commissario per l’Agenda Digitale, Neelie Kroes e redatto dall’ex direttore generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e presidente della fondazione Notre Europe, Pascal Lamy, si legge chiaramente che “per la realizzazione degli obiettivi della strategia digitale in Europa (…) la banda di 700 Mhz deve essere totalmente affidata alla trasmissione dati via telefonia mobile in tutta Europa entro il 2020 (con una tolleranza di due anni)”. Ma che cosa transita oggi sui 700 Mhz e dovrà domani cedere il passo alla trasmissione dati wireless? Lo spettro in questione è attualmente usato per trasmettere il segnale digitale terrestre della televisione i cui operatori di rete, Elettronica Industriale (Mediaset) e Rai, vendono banda alle emittenti televisive e sono i principali clienti rispettivamente di Ei Towers e Rai Way. In futuro, se convertito ad uso del traffico dati della telefonia cellulare, l’attività su quella banda sarà più redditizia di quanto non lo sia oggi. E di conseguenza il valore delle stesse torri di Rai Way e di Ei Towers salirebbe perché il business della trasmissione dati via wireless è assai più remunerativo e in crescita rispetto a quello delle frequenze televisive.

L’idea di togliere alcune frequenze alla tv per assegnarle al traffico dati raccoglie non pochi consensi a Bruxelles. Primo fra tutti quello della Kroes: “La banda UHF racchiude una grande ricchezza in termini di utilizzo, di capacità e di portata”, spiegava un comunicato del settembre scorso in cui si annunciava la decisione del commissario di effettuare “il primo inventario sulla maniera in cui gli Stati membri dell’Unione utilizzano attualmente le loro radiofrequenze e sulle sfide del futuro”. La scelta della Kroes arriva proprio sulla base del rapporto di Lamy che ha delineato lo scenario per l’UHF nei prossimi anni nel più ampio contesto della digitalizzazione del Vecchio continente. L’analisi, redatta con il contributo di un gruppo di esperti del settore fra cui il consigliere Mediaset Gina Nieri, ma anche rappresentanti della francese Tdf, della spagnola Abertis, di operatori di telefonia come Vodafone, Dt e Orange, oltre che di associazioni europee con focus sul digitale, è arrivata a queste conclusioni: “Questa banda rappresenta un’opportunità per una globale armonizzazione dello spettro nella banda mobile offrendo economie di scala e roaming per le future generazioni di tecnologia mobile (LTE e successive) – spiega il rapporto sull’UHF – Però i servizi del digitale terrestre televisivo stanno usando oggi in Europa la banda dei 700 Mhz. Perché le convenzionali reti mobili possano accedere a questa banda, il network del digitale terrestre deve lasciarla perché, allo stato attuale della tecnologia, entrambi i tipi di reti non possono esistere sulla stessa banda di frequenza. Il resto della banda UHF (470-694 Mhz) continua ad essere allocato esclusivamente al servizio di broadcasting”.

La transizione dalla tv alla telefonia per i 700 Mhz è necessaria perché è il mercato a chiederlo. Secondo il documento, se è vero che il grande schermo resta dominante in questa fase, è anche vero che la “televisione innovativa con il video on demand o catch-up tv (programmi tv su richiesta, ndr) sta crescendo pur restando al 10% del mercato televisivo”. Contemporaneamente sta crescendo anche il contenuto per Internet prodotto da società come Netflix o Youtube. In poche parole, il mondo dell’emittenza europea sta completamente cambiando volto. Contemporaneamente “il traffico mobile sta crescendo al ritmo annuo medio composto del 50% grazie alla proliferazione di smart-phone e allo sviluppo dei network 4G”, prosegue il documento evidenziando che le due piattaforme, tv e mobile, “coesisteranno a lungo”. Così, per sostenere lo sviluppo dell’Europa digitale, Bruxelles dovrà fissare nuove regole che dovranno essere adottate già a partire dal 2020, avviando una fase di transizione decennale. Il piano “20-25-30” di Lamy prevede infatti che la frequenza 700 Mhz passi alle telecomunicazioni fra cinque anni, stabilisce una revisione delle politiche comunitarie al “più tardi nel 2025” e infine stabilisce certezza normativa per il digitale terrestre fino al 2030 dando il tempo alle imprese del settore di riorganizzare le loro attività in funzione del fatto che “la banda larga mobile ha bisogno di più spazio in Europa”.

Considerata la durata almeno triennale dei piani di investimento aziendale, la tabella di marcia di Lamy è però assai stretta e ha un impatto diretto sul futuro delle telecom, delle tv e delle torri. Ma per ora si tratta solo di una proposta che potrà essere modificata in sede di discussione politica. Per questo a Bruxelles i lobbisti di società di telecomunicazione e media sono da tempo al lavoro con l’obiettivo di sensibilizzare la politica comunitaria a loro vantaggio. Il tema per ora “non è nell’agenda politica” evidenzia il rapporto sottolineando come uno dei punti critici della trasformazione della banda sarà “un efficiente processo di coordinamento sulle frequenze” fra i diversi Stati membri. Intanto però la Commissione ha deciso di mettere in consultazione il lavoro di Lamy fino al prossimo 12 aprile. Poi inizierà il vero e proprio dibattito sul futuro del tema che dovrebbe portare ad una nuova regolamentazione dell’UHF. Intanto per quella data, secondo l’attuale scaletta dell’offerta di Ei Towers su Rai Way, l’operazione che secondo Mediaset porterà alla nascita del “campione nazionale” italiano delle torri, stracarico di debiti, sarà già in fase avanzata: l’assemblea di Ei Towers avrà varato l’aumento di capitali finalizzato all’acquisto e scambio di titoli Rai Way (27 marzo) in vista di concludere la partita “entro l’estate 2015”. E, con ogni probabilità, le autorità italiane di vigilanza e gli organi giudiziari saranno ancora nel pieno delle indagini sull’operazione e gli anomali movimenti dei titolo controllato dalla Rai.

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