Per fortuna in Italia non c’è la fibra ottica in ogni angolo del Paese. Perché altrimenti Mediaset e Sky dovrebbero vedersela direttamente con Netflix, la più grande piattaforma di video on demand del mondo. L’arrivo nel nostro Paese del gigante californiano, che negli Stati Uniti ha cambiato il volto del piccolo schermo e ha inasprito il dibattito sulla neutralità della rete, è per ora rinviato al 2016. Intanto però il colosso che distribuisce circa 100mila titoli a 30 milioni di persone nel mondo con prezzi stracciati (7-10 dollari al mese) ha appena esordito in Francia, Germania, Austria, Svizzera, Belgio e Lussemburgo. Una vera offensiva per il mercato televisivo del Vecchio Continente che spaventa Vivendi, recentemente salita alla ribalta come futuro socio di Telecom e alleato di Mediaset. Ma preoccupa anche altri grossi operatori di pay-tv come la spagnola Digital+, dal cui capitale è recentemente uscita la famiglia Berlusconi o emittenti di primissimo livello come la Bbc, che pure negli ultimi anni ha sviluppato una innovativa e redditizia strategia via web. I gruppi che sono presenti sul mercato italiano, Rai inclusa, sono per ora al riparo. Il ritardo nello sviluppo della banda ultralarga blocca di fatto l’ingresso della tv via web.

“Solo il 55% delle abitazioni nazionali dispone di collegamenti teoricamente adeguati a supportare il carico necessario per fruire di Netflix”, spiega un recente studio della Lombardia Film commission, fondazione non profit di cui sono soci la Regione Lombardia, Comune di Milano, Fondazione Cariplo e Unioncamere Lombardia. “La media europea, in base alle rilevazioni Eurostat, è del 72%. Non a caso le uniche timidissime trattative in corso riguardano ipotesi di partnership con i fornitori di connettività come Telecom Italia, Fastweb, Infostrada e Vodafone (…). La prolungata pausa di riflessione sul fronte Netflix potrebbe favorire il consolidamento delle neonate iniziative di servizi di video on demand locali a partire da Mediaset Infinity (…). Guadagnare tempo dovrebbe aiutare anche Sky online (…) e forse darà una mano anche alle piattaforme tricolori minori come Cubovision di Telecom Italia e servizi à la carte come Chili tv”. Ma che cosa accadrà quando i tempi saranno maturi? E quale sarà l’effetto sul mercato di nuovi operatori come Netflix o Apple, che pure inizia a contrastare l’avanzata californiana?

“Semplice: il mondo dei media cambierà completamente”, spiega a ilfattoquotidiano.it Francesco Sacco, docente dell’Università Bocconi specializzato in management e tecnologia. “Ci sarà una metamorfosi legata all’ampliamento dell’offerta di contenuti che però avrà un impatto diretto contenuto sul mercato italiano per via dell’abitudine al doppiaggio. Ma soprattutto ci saranno almeno tre fattori importanti che incideranno sulle strategie industriali del comparto. Innanzitutto, già da oggi è possibile immaginare che Netflix possa fare la parte del leone negli appalti per le esclusive dei diritti tv per via delle considerevoli economie di scala date dalla dimensione del gruppo. Questo fenomeno porterà ineluttabilmente a un incremento dei costi per le licenze. In secondo luogo, ci sarà una maggiore concorrenzialità nella conquista del viewing time (il tempo che ogni utente ha a disposizione per web e tv, ndr) con un progressivo spostamento dalla tv generalista verso Internet. Infine, grazie all’uso della rete, si svilupperà nel settore dei media una competenza di marketing basata su dati certi sul gradimento degli spettatori. Numeri che saranno utilizzati per decidere l’orientamento degli investimenti per le future produzioni”.

Del resto, già oggi Netflix padroneggia perfettamente l’uso dei dati statistici raccolti via web come leva di marketing grazie alla sperimentazione negli Stati Uniti, dove la società, dopo aver analizzato i numeri sulle preferenze dei propri clienti, ha lanciato serie televisive di successo come House of cards, trasmessa in Italia da Sky. “Questa conoscenza dettagliata del mercato dà una marcia in più a chi lavora in rete perché consente di massimizzare gli investimenti in funzione dei prodotti più gettonati”, conclude il professore. “Oggi i gruppi media si basano, infatti, su calcoli probabilistici, domani invece ci saranno dati sicuri. Con Netflix e più in generale con lo sviluppo della tv via web i gruppi media che avranno sviluppato per tempo le adeguate competenze si troveranno in mano tutti gli elementi per scegliere le produzioni a più elevata redditività”.

Insomma, per le tv generaliste si prospettano tempi duri. E l’unica via d’uscita per creare valore in futuro è nella convergenza con le telecomunicazioni. Ecco perché in Italia il risiko su media e telecom è ripartito, in estate, a grande velocità, con Telecom Italia in odore di intesa con Netflix e Mediaset che vorrebbe far parte della partita. Magari con il supporto del futuro socio del gruppo delle telecomunicazioni, Vivendi, che in patria ha assistito inerme all’alleanza fra Netflix e la compagnia telefonica Bouygues. Secondo Il Sole 24 Ore dell’11 settembre scorso, la partita italiana per assicurarsi nuove opportunità di crescita passerà per la costituzione di una nuova società, una newco, con Telecom Italia e Mediaset Premium come protagonisti. Il dossier non pare sia stato discusso a livello di management del gruppo di telecomunicazioni, ma l’ipotesi è stata affrontata dal potenziale nuovo azionista Vivendi, da Telefonica (socia della pay tv Mediaset, oltre che di Telecom) e dal gruppo di Cologno Monzese. Sin d’ora però è evidente che una simile opzione sarebbe più facilmente percorribile rispetto ad una fusione Telecom-Mediaset e potrebbe comunque rappresentare uno step intermedio in attesa di sapere come il governo intende muoversi sul tema della digitalizzazione del Paese. Di sicuro è la chiave di volta per il Biscione che non naviga certo in acque tranquille.

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