“Il sito, uno dei più significativi della costa adriatica pugliese in quanto a estensione (4 ettari) e durata (VI–IV millennio a.C.) …”. Inizia così la descrizione nel sito online della Direzione Generale per le Antichità, dell’area archeologica nella frazione Palese, località Titolo, una decina di chilometri ad ovest di Bari. Le indagini del 2012 della Soprintendenza archeologica per la Puglia hanno evidenziato l’esistenza di resti di abitato e di deposizioni funerarie riferibili all’insediamento neolitico, con annessa area funeraria, già indagato nel corso degli anni Ottanta sullo scoglio che si protende in mare, denominato “La Punta”, nei pressi del lido “La Baia” e della Chiesa Stella Maris.

Un insediamento cannibalizzato dall’espansione del centro abitato di Palese, che ha contributo alla sua progressiva distruzione, oltre che alla trasformazione radicale dell’originaria morfologia dell’area. Così pezzo dopo pezzo, è cresciuto Palese, quartiere della periferia barese, celebre per la presenza dell’Aeroporto intitolato a Karol Wojtyla. E’ cresciuto in maniera disomogenea, per aggiunte successive, fino a saturare gli spazi disponibili alla fine degli anni Novanta. Per di più in assenza pressoché totale di spazi verdi, risultato dello scriteriato PRG del 1952, fatta eccezione per Piazza Capitaneo, costruita per effetto del “piano Petrucci” del 1930. Insomma una entropia urbana conseguenza di una irragionevole densificazione. Una occupazione scientifica. Che prosegue. Ad essere edificata sarà anche l’area lungo via Vittorio Veneto, a breve distanza dalla litoranea via Noviello, dove sorgerà un complesso residenziale. Un ettaro di terreno, di proprietà privata, sul quale verranno cancellate le testimonianze del Neolitico, scoperte di recente. Dopo che hanno rischiato di andare distrutte, nel 2008, quelle su “La Punta”, a causa di progettati lavori pubblici per un successivo utilizzo della zona per la balneazione.

D’altra parte, come è consuetudine, dopo le indagini preliminari e la verifica di quanto rinvenuto, nel luglio scorso la Soprintendenza archeologica ha espresso parere favorevole alla realizzazione delle nuove cubature. Insomma nell’occasione non esiste alcun abuso. L’operazione urbanistica è risulta pienamente autorizzata. Eppure la questione continua ad essere dibattuta, non soltanto sul territorio. Lo scorso 25 giugno il deputato barese Angelo Tofalo del M5S ha presentato una interrogazione al Ministro dei Beni Culturali. Ma intanto i promotori dell’Ecomuseo Urbano del Nordbarese, una start-up nata con l’intento di valorizzare i percorsi storico-culturali del territorio, continua a proporre una soluzione alternativa per l’area. Non costruzioni, ma parco. Spazio nel quale archeologia e verde sappiano integrarsi.

L’idea dell’Associazione, seppure nelle evidenti difficoltà di realizzazione, si offre come un’occasione. Certamente per conservare almeno una parte dell’antico insediamento. Per impedire che l’ennesima testimonianza della storia di questa periferia italiana, finisca inghiottita dal procedere dell’espansione edilizia. Ma non solo. Quell’ettaro di superficie non ancora impermeabilizzata è a tutti gli effetti un’occasione per Palese. Per provare se non a rimettere ordine nel suo tessuto urbano, almeno ad alleggerirlo con uno spazio anche a verde. Insomma a Tirolo non si compie solo il destino di un sito archeologico di grande rilevanza, ma anche quello della comunità che vi risiede. L’abitato, soffocato dai palazzi, potrebbe poter usufruire finalmente di un’oasi.

L’archeologia potrebbe bloccare un’operazione immobiliare, ma anche contribuire a riequilibrare gli scompensi che politiche urbanistiche molto poco avvedute hanno generato.

 

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