La trentacinquenne Mariam Al Mansouri è l’unica donna degli Emirati a far parte della squadra di piloti che partecipano ai raid aerei contro obiettivi dell’Isis, in Siria. E questa scelta, che Mariam dichiara di aver fatto “per amore del suo Paese”, è stata punita dal suo clan, che ha deciso di ripudiarla: secondo quanto riferito dall’agenzia palestinese Wattan e riportato dal quotidiano britannico Daily Mail, infatti, i familiari di Mariam avrebbero emesso un comunicato nel quale si legge: “Noi, la famiglia Mansouri degli Emirati arabi uniti  dichiariamo di ripudiare Mariam al Mansouri, così come chiunque prenda parte alla brutale aggressione internazionale contro il fraterno popolo siriano”. Nella nota, la cui autenticità non è però stata provata, i membri del clan di Mariam fanno un chiaro riferimento all’Isis dicendosi “fieri degli eroi sunniti in Iraq e nel Levante e di tutti quelli che alzano la bandiera della giustizia, ovunque sia”.

Così, mentre i diritti delle donne negli Emirati Arabi fanno molti passi in avanti (nel rapporto 2008 delle Nazioni Unite, gli Emirati si sono classificati al 29esimo posto su 177 per quel che riguarda le misure a favore delle donne: la miglior valutazione di tutti i Paesi arabi), il clan Mansouri ripudia la giovane “top gun”. Guida l’ F-16 Block 60 con il velo, Mariam, ed è al comando della squadra che probabilmente ha bombardato le postazioni dei jiahdisti a Raqqa, Aleppo e Idlib. Nata ad Abu Dabi nel 1979, si è laureata all’università della forza aerea Khalifa Bin Zayed nel 2007. “È altamente qualificata e addestrata. E’ un pilota da combattimento”, ha detto Yousef Al Otaiba, ambasciatore degli Emirati arabi uniti negli Stati Uniti, raccontando anche un aneddoto sul maggiore: “Il pilota americano che doveva fare rifornimento ha chiesto aiuto alla flotta degli Emirati: quando hanno sentito la voce di una donna via radio, c’è stato un momento di pausa durato almeno 20 secondi”.

In una video intervista al Guardian, Mariam ha dichiarato che “è un sogno servire il Paese facendo parte delle forze aeree” e che “uomini e donne dovrebbero essere liberi di lavorare in qualsiasi campo decidano”. In un’altra intervista, rilasciata all’inizio dell’anno a Deran Al Watan, Mariam aveva detto che sono stati l’amore per il suo Paese e per la competizione a spingerla a scegliere l’aviazione. “Ma non si tratta di una competizione con i piloti maschi – aveva sottolineato – piuttosto di una sfida con sé stessi, che spinge a non smettere mai di imparare”. “Essere parte di uno squadrone è una responsabilità e io sono molto fiera di far parte del mio gruppo. Questo mi spinge a continuare in questo campo”.

Il canale americano Fox News ha reso Mariam protagonista di altro episodio difficile già nei giorni scorsi. Nell’annunciare la presenza del maggiore Al Mansouri nei raid aerei in Siria, la giornalista americana Kimberly Guilfoyle ha parlato di “molto entusiamo per una donna al comando di un aereo in un’azione contro i jihadisti” e si è augurata che Mariam “possa aver fatto molto male all’Isis, considerato il fatto che in alcuni paesi arabi le donne non possono nemmeno guidare”. E’ stato a quel punto che il suo collega, Eric Bolling, ha avuto l’infelice trovata di fare un gioco di parole con l’espressione “boots on the ground” (con la quale nel gergo militare si indicano i soldati sul campo): al posto della parola “boots” (scarponi) ha usato “boobs” (tette), annunciando “tette in un azione militare” e causando molta disapprovazione in rete.

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