Saranno almeno venticinque anni che il monumento allo spreco, il milite non-ignoto della spending review, sono gli ultranoti forestali calabri, in ragione di una decina di migliaia, essendo la Calabria, come tutti sapete, un territorio ad altissima vocazione alpina. Non le è da meno, per orgogliosa concorrenza, la Sicilia. Due volte e mezzo i ranger canadesi, ebbe a comparare Panorama qualche anno fa.

Spulciando l’archivio, abbiamo ritrovato un’intervista illuminante del nostro Matteo Renzi, già a partire dal titolo che oggi assume un sapore decisamente tragicomico: «Con me segretario del Pd Letta sarà più forte». Si era a due mesi dalle primarie, ottobre 2013, che poi lo incoronarono leader e Massimo Gramellini passeggiò per Firenze con l’allora sindaco della città. A un certo punto, il corsivista de La Stampa annota: Torniamo a Letta, e Renzi beato come un bambino risponde: «Gli ho detto che, se diventassi segretario del Pd, non mi chiederei ogni giorno cosa fare per danneggiare lui e Alfano. Il mio non sarebbe un Pd con la matita rossa e blu per fare le pulci al governo».

Ma sempre in quell’intervista c’è un passaggio molto significativo, che probabilmente illumina, molto più di tanti retroscena, le vere intenzioni del nostro premier sui tagli alla macchina (enorme) dello Stato. Gramellini introduce proprio il tema che abbiamo sotto gli occhi da mesi con la seguente domanda: “Si può tagliare la spesa senza licenziare i dipendenti pubblici? Fassina dice di no. L’allora candidato segretario risponde: «Fassina non è cattivo, ma non ha mai amministrato nulla, non sa di cosa parla. Ormai lui a dichiara a piacere su tutto. Lasciate fare a noi amministratori. Certo, va aumentata la produttività. Il forestale della Calabria deve sapere che con me non verrà licenziato, ma dovrà lavorare moltissimo».

Ora che Matteo Renzi ha sulla scrivania tutti i dossier del mitico Cottarelli, c’è da scegliere una strada. E una delle ipotesi possibili è esattamente quella di non scegliere. Di non licenziare i forestali calabri o siculi. Di non scontentare possibili bacini elettorali o comunque sociali, di evitare contrapposizioni frontali che possano lasciare strascichi dolorosi. Lo fa capire con grande serenità un autentico feticista della “spending review” come il professor Giarda, quando deve valutare la volontà del premier di tagliare un 3% di spese per ogni ministero. «Questa non è una spending review – risponde Piero Giarda – ma un semplice taglio di spesa, simile a quelli visti in passato. Naturalmente si tratta di una scelta legittima e forse anche ineludibile se si vuole fare spazio ad altre politiche, come la riduzione del deficit o delle tasse».

Ciò che fa più impressione in questa situazione è, in termini psicologici, una evidente divaricazione all’interno del percorso intrapreso dal premier. Come esistessero due Renzi. C’è il Renzi che più si fa apprezzare per quella visione contrappositiva che lo pone in posizione di attacco nei confronti della conservazione (sindacati, poteri più o meno forti, lobby, ecc) e l’altro Renzi, quello che adesso ha in mano davvero la cesoia per tagliare i rami secchi, e invece rimale lì, tremante, senza sapere che fare. O meglio, sapendo benissimo che se taglierà qualcuno gli toglierà saluto e voto.

Caro presidente, questo è il prezzo da pagare se vuole essere credibile. Per tornare a bomba, si ripresenti con i licenziamenti firmati dei forestali calabri e siculi e ne riparliamo.

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