Le elezioni, siano esse politiche o referendarie, si vincono spesso con campagne che fanno leva sul sentimento della paura. Non la paura nei propri confronti, ma la paura che gli elettori dovrebbero avere degli avversari o di ipotetici nemici. 

L’abbiamo visto nel 2004 quando George W. Bush, seppur non godesse di grandi simpatie, vinse le elezioni presidenziali americane puntando proprio sulla paura che l’attentato alle Torri Gemelle aveva scatenato pochi anni prima negli Stati Uniti. A tre mesi dal voto, nell’agosto del 2004, Bush tornò a parlare di minacce terroristiche all’America, rinnovando il sentimento di paura. L’ex capo della sicurezza Usa Tom Ridge rivelerà successivamente in un suo libro che tali minacce non esistevano e che quella dei repubblicani fu solo una mossa elettorale. I repubblicani, da sempre militarmente più duri rispetto ai democratici, erano la risposta migliore al bisogno di sicurezza che la paura dei talebani aveva accentuato.

Per restare nei nostri confini, lo stesso uso della paura in una campagna elettorale è avvenuto per le recenti elezioni europee. Berlusconi e Renzi penalizzarono fortemente il M5s incutendo negli italiani la paura di Grillo, con paragoni a Hitler e Stalin ed etichettando il Movimento come rappresentante della “rabbia.

Perché la paura è un sentimento così efficace in politica? Di fronte alla paura si hanno due reazioni: la fuga o la sottomissione. In un regime dittatoriale, che non lascia alternative (vie di fuga) genera sottomissione; in una democrazia provoca la fuga, che in termini elettorali si traduce in astensionismo o fuga dal partito che mette paura, portando voti all’avversario.

Pd e Forza Italia sono decisamente più abili del M5s ad usare questa leva. Drammatizzano tweet e dichiarazioni degli avversari mostrando seria indignazione e preoccupazione, allertando la popolazione sul pericolo rappresentato dall’estremismo di chi dice certe cose. Al contrario, il M5s che avrebbe materiale più concreto per fare lo stesso gioco, commette degli errori di forma che rendono spesso la sua comunicazione poco efficace. Faccio un esempio attuale. È evidente a molti la limitazione che sta subendo la democrazia nel nostro Paese. Mi riferisco non solo alla tagliola calata sul dibattito in Aula per le riforme, ma all’accentramento di poteri dei quali godrà il vincitore delle prossime elezioni se le riforme, quella costituzionale ed elettorale, dovessero passare. 

Con questi elementi Pd e Fi realizzerebbero con estrema facilità una campagna di paura contro chi vuole tali riforme. Invece il sentimento dominante fra la popolazione è che la “dittatura” sia quella delle opposizioni, come ha detto Renzi. La differenza sta, come dicevo, nella forma. Se sul blog di Grillo, Renzi ha il corpo di un bradipo o di una lumaca, o facce buffe, come posso considerarlo un pericoloso dittatore? Se i toni che vengono usati sono sarcastici o di affronto diretto, alla pari, anziché di seria preoccupazione e drammatici – come quelli usati da Renzi e Berlusconi- come potrò temere questi personaggi? 

Ultimamente Grillo ha usato il paragone con Mussolini, il quale è sicuramente meno simpatico di un bradipo (anche se purtroppo meno antipatico di tanti altri agli italiani). Ma sempre con tono di sfida, non di preoccupazione, ma sarcastico: “aridatece puzzone”. 

Gli avversari nel frattempo puntano su una nuova escalation dei toni di Grillo. Le dichiarazioni dei pentastellati dopo la tagliola non bastano a decretare che i toni siano tornati quelli dell’ultima campagna dove il M5s metteva paura (di se stesso). Il clima era bollente in generale nel Senato, come è giusto che sia se è presente un’opposizione mentre accadono certe cose. 

Se questo darà il via libera per un ritorno al vecchio stile urlato che grazie soprattutto alla collaborazione degli avversari ha tanto spaventato gli italiani allora Grillo e il M5s sperimenteranno la semplice regola secondo la quale: ripetendo le stesse azioni, si ottengono gli stessi risultati. Deludenti. Se invece Grillo e il M5s sapranno contenersi e usare contro gli avversari la stessa arma della paura che gli viene puntata, allora, potremmo assistere a clamorosi colpi di scena. Fin dal prossimo referendum sulle riforme.

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