Renzi alla Convenvention democratica del 2012
(dalla pagina Facebook di Renzi) 

Lo slogan del programma di governo di Renzi è un plagio. Dagli States l’ex sindaco di Firenze non ha preso in prestito solo il giubbotto alla Fonzie e i jeans Roy Roger anni Ottanta. Per gettare le basi del suo esecutivo Matteo Renzi sta utilizzando un’uscita ad effetto che non è farina del suo sacco: “Una riforma al mese”. Lo ripete come un mantra nelle consultazioni per indicare al Presidente della Repubblica, ai partiti e agli italiani la road map del suo esecutivo e incassare l’appoggio a un orizzonte di legislatura che duri fino al 2018. E giù col calendario delle riforme a tappe forzate: costituzionale ed elettorale entro febbraio, quella del lavoro a marzo, ad aprile la pubblica amministrazione, poi fisco, giustizia e così via.

Ma dove l’ha tirato fuori quest’asso nella manica? Ad andare a fondo si scopre che quell’uscita ha una sua storia, un suo luogo e un senso che nulla hanno a che fare con Renzi, Rignano sull’Arno e l’Italia di oggi. Arrivano direttamente da Washington. E non promettono neanche bene. Per ritrovarli bisogna riavvolgere il nastro di cinque anni. E’ il 24 febbraio del 2009 e un Barack Obama sulla graticola si presenta al Congresso Americano al quale chiede la fiducia per una manovra di bilancio che è una scommessa ad altissimo rischio. E così, su indicazione dello staff, decide di dare una sferzata a deputati e senatori con un’uscita di grande impatto: “Una riforma al mese”. L’annuncio fa il giro del mondo e in pochi giorni arriva anche in Italia (Ansa 26/2/2009: “Obama, una riforma al mese”). Nessuno se lo ricorda più ma l’epilogo della storia, cinque anni dopo, è noto: il piano s’incaglia sulla riforma sanitaria e la rielezione di Obama sarà in bilico proprio per non esser riuscito a concretizzare la tassonomia riformista che aveva promesso. Ora quello slogan vien buono nel Belpaese, dove le riforme sono al palo da un quarto di secolo e al posto di repubblicani o democratici in Parlamento ci sono tre grandi forze politiche col coltello tra i denti.

Il piccolo plagio, va detto, non varrebbe un rigo se non fosse che proprio l’originalità del programma di Renzi è stata oggetto di furibonde polemiche non più di 48 ore fa e con tanto di diretta tv. Tutti i giornali ne hanno parlato perché è stato il momento clou del faccia-a-faccia con Beppe Grillo a Montecitorio. “Metà del tuo programma è un copia-incolla di quello del Movimento 5 Stelle” ha accusato il leader, citando il camper per la campagna elettorale, le crociate sul limite dei due mandati e sulla riduzione dei costi della politica.

Lo scivolone di Renzi sul “one monthly reform” potrebbe anche rilanciare il valzer dei teoremi complottisti circa fantomatici appoggi atlantici dei “poteri forti” alla sua inarrestabile ascesa. Per ricordare la luna di miele con la stampa Usa che va avanti da anni tra coincidenze singolari: proprio nei giorni in cui il presidente Usa annunciava il suo messaggio al Congresso quello della Provincia di Firenze era sulla copertina del prestigioso settimanale Time, benedetto come l’Obama italiano.

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