Migliora la libertà di stampa in Italia, che guadagna nove posti nella classifica 2014 sulla libertà di stampa di Reporters sans frontières, attestandosi al 49esimo posto sui 180 della classifica mondiale. Nell’Europa meridionale, spiega il rapporto presentato a Parigi, “l’unica evoluzione positiva si verifica in Italia, che è finalmente uscita da una spirale negativa e sta preparando una legge incoraggiante per depenalizzare la diffamazione a mezzo stampa”. Un parametro che per Rsf è molto significativo. Nel 2013, infatti, a proposito dell’Italia, il rapporto spiegava che “la cattiva legislazione osservata nel 2011 è proseguita, la diffamazione deve ancora essere depenalizzata e le istituzioni ripropongono pericolosamente “leggi bavaglio”. Ma l’iter per l’attuale ddl sulla diffamazione non è ancora terminato e, dunque, non è certo che riesca ad andare in porto. 

Rsf sottolinea nel rapporto che in Europa, Finlandia, Paesi Bassi e Norvegia si confermano come trio di testa. Drastico peggioramento invece negli Stati Uniti. Mentre la Siria, uno dei Paesi più pericolosi al mondo per i giornalisti, rimane nel gruppo di coda, subito prima di Turkmenistan, Corea del Nord ed Eritrea.

La Francia cala di un punto (39esimo posto), soprattutto per la sentenza che ha imposto a Le Point e Mediapart di ritirare dai loro rispettivi siti internet le registrazioni sull’affaire Bettencourt. “Una grave violazione della libertà di stampa – denuncia Rsf – che nega ai cittadini il diritto di essere informati su questioni di interesse generale”. Malissimo la Grecia, “colpita dalla crisi economica e dall’emergere della febbre populista”, che perde 14 posizioni, scivolando al 99/esimo posto. Secondo l’organismo basato a Parigi, la situazione della libertà di stampa peggiora anche in Gran Bretagna (33esimo posto, – 3 punti), colpevole di aver fatto pressioni sul quotidiano The Guardian nella vicenda legata alle rivelazioni di Edward Snowden sulle attività dell’intelligence americana e britannica.

Ma uno dei crolli più significativi si registra negli Stati Uniti, che perdono 13 posizioni, piazzandosi al 46esimo posto. La condanna a Bradley Manning nel caso Wikileaks e la stessa vicenda Snowden, sottolinea Rsf, “suonano come un avvertimento per chiunque cerchi di rivelare informazioni di interesse generale”. Per Lucie Morillon, direttrice al polo ricerche di Rsf, quest’anno “la classifica di alcuni Paesi, incluso le democrazie, è profondamente colpita da un’interpretazione troppo ampia e abusiva del concetto di protezione della sicurezza nazionale”. A registrare la caduta più disastrosa, è la Repubblica centrafricana (109esima), teatro di un violento conflitto, che arretra di 43 posizioni,“al termine di un anno segnato da un’estrema violenza, attacchi e ripetute intimidazioni contro i giornalisti”.

La Russia rimane più o meno stabile, seppure in basso, guadagnando un punto rispetto allo scorso anno. La Siria, dove quasi 130 operatori dell’informazione sono stati uccisi nell’esercizio delle loro funzioni tra il marzo 2011 e il dicembre 2013, precipita nella parte meno nobile della classifica, al 177esimo posto. In Siria, avverte Rsf, i media rappresentano ormai “un obiettivo sia per il governo di Bashar al-Assad sia per le milizie dei ribelli estremisti”. Peggio solo il Turkmenistan (178esimo posto), la Corea del Nord (179esimo) e l’Eritrea (180esimo).

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