Spunta Vito Gamberale nel futuro di Telecom Italia. E lo fa proprio mentre la Consob tenta di far luce sul ruolo del fondo americano Blackrock nella partita per il controllo di Telecom, stringendo sui tempi di una segnalazione in Procura sulla base degli elementi raccolti nell’ispezione effettuata nei mesi scorsi per cercare chiarimenti sull’emissione obbligazionaria da 1,3 miliardi, sulle procedure di confidenzialità delle informazioni privilegiate e sulla cessione di Telecom Argentina. Una posizione insolitamente rapida e dura, quella dell’autorità di vigilanza, in vista della delicata assemblea dei soci in calendario per il  20 dicembre, in cui Blackrock con il suo 7,78% (9,97% conteggiando il convertendo) è destinato ad avere un ruolo chiave per fronteggiare l’ala anti spagnola capitanata dalla Findim di Marco Fossati che ha chiesto la revoca dell’attuale cda. Candidando per la sostituzione un nome di peso come quello di Gamberale, il numero uno del braccio operativo della Cassa Depositi e Prestiti, il fondo F2i che ha il gruppo pubblico del risparmio postale tra i suoi primi sponsor e che negli ultimi anni si è distinto per corposi investimenti nelle infrastrutture italiane, inclusa la rete in fibra di Metroweb. Insieme a lui, poi, Fossati spinge per l’ingresso nel consiglio di Telecom di Franco Lombardi il presidente dell’associazione dei piccoli azionisti Asati, insieme ad un altro manager di punta pubblico, Alessandro Castellano, amministratore delegato della Sace che fa capo alla stessa Cdp, oltre a Girolamo Di Genova e Daniela Mainini.

Mentre a Roma, quindi, il destino di Telecom è nelle mani della guerra tra azionisti e a Milano spicca il volo in Borsa (+5% la seduta di lunedì 16), a Parigi e a Berlino, invece, proseguono a ritmo serrato le trattative per la nascita di un polo di telecomunicazioni franco­ tedesco per investimenti congiunti nella banda ultralarga. Un progetto strategico per il futuro della fibra in Europa che si delinea attraverso gli ex monopolisti e nel quale anche Telecom potrebbe ritagliarsi un ruolo. A patto però che lo voglia il governo di Enrico Letta, che non ha ancora reso operativo il regolamento attuativo del golden power e ha rinviato sine die la mozione per il cambio delle leggi sull’offerta pubblica di acquisto. Mentre gli stranieri avanzano decisi in Telecom, le azioni della politica italiana invece sembrano lente e scoordinate. Anche se un chiarimento sulle strategie in telecomunicazioni del Paese potrebbe forse offrirlo il nuovo segretario del Pd, Matteo Renzi, che, nel pieno della campagna per le primarie, aveva spiegato come non gli interessasse la proprietà di Telecom, ma ritenesse necessario effettuare lo scorporo della rete.

Dichiarazioni che arrivavano proprio mentre l’Anci Toscana, l’associazione che riunisce i comuni della regione di Renzi, spingeva il progetto di creazione di un network in fibra pubblico aperto, a parità di condizioni di accesso, a tutti gli operatori. Tuttavia ad oggi lo scorporo del network di Telecom è congelato. E con lui il più ampio piano di investimento in fibra che prevede la nascita di una nuova società in cui Telecom faccia confluire la rete da sviluppare assieme alla stessa Cassa depositi e prestiti e, soprattutto, al fondo F2i di Gamberale. Anche se intanto il numero uno dell’Agenda digitale, Francesco Caio, va avanti nella valutazione del network e del suo fabbisogno di investimenti. E confronta la situazione dell’Italia con quella dei partner europei in cui gli ex monopolisti, come nel caso di Francia e Germania, hanno ancora una forte presenza pubblica nel proprio capitale.

E’ in questo scenario che va inquadrata l’imminente assemblea Telecom in cui il socio, Marco Fossati, ha chiesto la revoca del consiglio che, a suo parere, sta svuotando di valore l’azienda con una strategia tutta favore di Telefonica alla quale, a fine settembre, i soci italiani Mediobanca, Generali e Intesa hanno ceduto il controllo di Telco, la holding che custodisce il 22,4% di Telecom. Di tutta risposta però, nei giorni scorsi, i due consiglieri rappresentanti di Telefonica, il presidente Caesar Alierta e il suo rappresentante Julio Linares, hanno rassegnato le dimissioni dopo che il Cade, antitrust brasiliano, aveva pesantemente multato Telefonica per eccesso di concentrazione sul mercato brasiliano sulla base del maggior peso spagnolo in Telecom che pure ha grossi interessi in Brasile.

Dal canto suo, la Findim di Fossati, attorno al quale stanno facendo quadrato diversi fondi, oltre che all’Asati, associazione degli azionisti di minoranza, e allo stesso ex presidente Franco Bernabè, crede di poter creare maggiore ricchezza da una strategia diversa dallo spezzatino Telecom voluto e già in parte avviato con la contestata vendita di Telecom Argentina, dal management di Patuano. Se Fossati dovesse avere la meglio nell’assemblea del 20, allora lo scenario e il futuro di Telecom con la sua rete potrebbero cambiare in maniera radicale.

“Non escludo l’accompagnamento finanziario di investitori che credono nella bontà del progetto “ ha spiegato Fossati al Corriere delle Telecomunicazioni dello scorso 13 dicembre indicando nella Cassa depositi e prestiti uno dei partner naturali di Telecom e spianando la strada a nuove alleanze internazionali. Un progetto, in fin dei conti, non poi così diverso da quello che Francia e Germania stanno pensando di realizzare per i propri ex monopolisti Orange e Deutsche Telekom. Con i tedeschi però che al momento pesano il doppio dei francesi.

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