Mauro e Casini vedono uno spazio elettorale più ampio da quella parte”. Firmato Mario Monti. Quella che prima era un’indiscrezione a uso e consumo dei retroscenisti politici, ora è diventata una mezza verità: il vero motivo dell’implosione di Scelta Civica non è il tradimento di alcuni senatori al programma tracciato dal Professore, bensì le mosse di Pierferdinando Casini e Mario Mauro in ottica decadenza di Silvio Berlusconi. Monti non lo dice ma lo pensa: quella degli ex colleghi di partito nei confronti del Cavaliere è una mano tesa con vuoto a rendere. Tradotto: il voto contrario all’estromissione del leader Pdl da Palazzo Madama in cambio della partecipazione ad un progetto politico tutto in divenire. Mauro e Casini non confermano, ma neanche smentiscono: “Sulla decadenza decideremo all’ultimo momento” hanno detto alla stampa in varie occasioni. Il partito dei tecnici, quindi, è imploso per una differenza di vedute tra Monti e le altre anime di Scelta Civica, la cui unità sembrerebbe esser stata sacrificata sull’altare di ciò che sta costruendo Alfano: il Partito popolare italiano. Che nella testa del vicepremier e segretario Pdl sarò composto così: il Ppi come soggetto principale nel quale far confluire sia l’Udc di Casini che la nuova Forza Italia di Silvio Berlusconi e dei suoi falchi. Del Caimano, se non altro per motivi squisitamente elettorali, Alfano non può farne a meno. Ciò non significa, però, che l’ex premier possa continuare a fare il bello e il cattivo tempo all’interno del Pdl. Da qui la soluzione: salvarlo e metterlo a capo della di Fi, il partito dei suoi falchi, all’interno del Ppi.

In tal senso una conferma – almeno sul disegno di massima di Alfano – è già arrivata. Ed è griffata proprio da Mario Mauro, che dopo aver difeso il governo dagli attacchi del senatore a vita, spiega: “Se anche Monti converge sull’ipotesi di creare il Ppe in Italia ben venga: stia tranquillo le pulsioni populistiche dei falchi del Pdl non ci interessano”. Ancor più esplicito il segretario del Pdl, che al Tg1, parlando dello scontro tra Monti e i suoi ex alleati (e dopo aver ricordato la contrarietà degli azzurri alla retroattività della Legge Severino), ha svelato il piano: “Non siamo appassionati ai giochi di palazzo e alle sigle, ma a un grande centrodestra. Noi dobbiamo riunire tutta l’area alternativa alla sinistra come ha fatto il Polo delle Libertà nel ’94 e la Casa delle Libertà nel 2001. Lo ha fatto il presidente Berlusconi vincendo in entrambi i casi. Il futuro è infatti una larga vittoria del centrodestra e non una larga intesa”. 

Per realizzare il piano del ministro dell’Interno, però, occorrono due ulteriori passaggi formali (di passaggi politici a occhio e croce ne occorreranno molti di più): far slittare quanto più possibile il voto sulla decadenza nell’aula di Palazzo Madama e, al contempo – sperando che il voto sia segreto – continuare a trattare con gli altri partiti per la salvezza di Berlusconi. Ipotesi tutt’altro che peregrina. Secondo il pallottoliere del cerchio magico berlusconiano, per salvare il Cavaliere  serve una quota minima di 162 voti contrari alla decadenza. In tal senso, i no sicuri sono i 91 del Pdl, a cui vanno aggiunti i probabili 10 di Gal, i 16 della Lega Nord e i 17 di Scelta civica. Se questi conteggi fossero confermati, si arriverebbe a quota 132: per la salvezza, quindi, mancherebbero appena 30 no.

In questo discorso entra la questione del voto palese, richiesto dal M5S e annusato con piacere anche dal Pd, o almeno da una sua parte. E sì, perché nel segreto dell’urna (si fa per dire) basterebbero una trentina di franchi tiratori democratici per affossare la linea scelta da Epifani. Perché i senatori del Pd potrebbero prestarsi a questo gioco? Malcontento per la manovra finanziaria troppo ‘soft’ (eufemismo) e nessuna voglia di andare alle elezioni anticipate per non favorire Matteo Renzi. Fantapolitica? In attesa di conferme, da sottolineare la strategia pidiellina del prender tempo sul voto. Quagliariello lo ha detto a chiare lettere: “Prima della decadenza vorremmo che ci fosse una riflessione sulla Legge Severino“. Insomma: temporeggiare a tutti i costi per organizzare al meglio il nuovo centrodestra. Che, già dalla prossima settimana, potrebbe contare su un nuovo gruppo parlamentare, ovvero quello dei Popolari ex Scelta Civica, a cui potrebbero aggiungersi prima o poi anche gli alfaniani. In questo modo, le fondamenta del Ppi sarebbero già realtà.

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