Il regime di Bashar al-Assad sta utilizzando armi chimiche negli scontri contro i ribelli? La domanda non è di poco conto, perché, come paventato a più riprese da Barack Obama, potrebbe giustificare l’intervento militare internazionale in Siria. Finora non esistevano prove effettive. Ma una lunga inchiesta pubblicata stamani dal giornale francese Le Monde porta delle testimonianze dirette al riguardo. Un giornalista inviato sul posto per diverse settimane e un fotografo hanno potuto verificare, filmandolo, il ricorso alle armi chimiche. Che stanno mietendo vittime alle porte di Damasco. 

Jean-Philippe Rémy, il giornalista, e Laurent Van der Stock, il fotografo, sono rimasti sul posto fra il mese di aprile e maggio. All’inizio si sono ritrovati sul fronte di Jobar, area alle porte della capitale siriana, occupata dai ribelli dal gennaio scorso. Da allora nella zona sono in corso combattimenti con le truppe ufficiali di Assad, che stanno progressivamente tentando di accerchiare i rivali. Questi si spostano da una casa all’altra, abitazioni quasi tutte semidistrutte. Si tratta spesso di combattimenti corpo a corpo. Ebbene, proprio lì, lo scorso 13 aprile, il fotografo ha visto i combattenti anti-regime “iniziare a tossire, poi infilarsi delle maschere a gas. Ma in realtà si erano già esposti alle armi tossiche. Molti di loro cadevano a terra, si sentivano soffocati, vomitavano”. Anche Van der Stock è stato male, almeno per quattro giorni, soffrendo degli stessi sintomi. 

“Se i combattenti non vengono curati immediatamente, è morte sicura”, sottolinea in un video girato da Van der Stock un medico dell’ospedale Al-Fateh di Kaffer Battna, in un’altra zona occupata dai ribelli, quella di Ghoutta, ancora vicino alla città. I guerriglieri non si rendono conto di nulla, perché il gas è inodore e non c’è fumo. Ma dai primi sintomi (difficoltà respiratorie, mal di testa, pupille contratte, nausea) si capisce che si è stati colpiti. Questo contesto farebbe pensare alla presenza del terribile sarin, inventato nel 1939 da uno scienziato tedesco come pesticida (o forse in preparazione della Seconda guerra mondiale). L’ultima volta fu utilizzato nell’attentato in Giappone del 1995, nella metropolitana di Tokyo, attaccata dalla setta religiosa di Aum Shinrikyo. “In Siria l’esercito non ricorre sistematicamente ai gas, ma in maniera puntuale, evitando usi più massicci, che costituerebbero prove inconfutabili”, scrive nel suo articolo Rémy. Che cita pure una fonte occidentale ben informata, secondo la quale “si ricorre a dei miscugli con gas lacrimogeni per confondere le idee”. I medici incontrati dai due inviati di Le Monde parlano di diverse vittime fra i guerriglieri ribelli ma anche tra la popolazione civile. D’altra parte le riprese disponibili sul sito francese non lasciano molti dubbi sulle reazioni fisiche di chi è stato colpito dai gas.

Intanto l’Onu, los scorso mercoledi’, ha di nuovo chiesto alla Siria di lasciar entrare i suoi esperti per condurre un’inchiesta accurata sulle armi chimiche. Ma per il momento Damasco non vuole concedere il via libera. A fine aprile il segretario americano alla Difesa Chuck Hagel aveva già affermato che la Siria stava utilizzando armi chimiche anche se non su larga scala, secondo quanto appurato dalla Cia. Carla Del Ponte, magistrato, membro della commissione d’inchiesta creata ad hoc dalle Nazioni unite, ha sottolineato nei giorni scorsi che pure i ribelli ne farebbero uso in casi particolari. Questi giorni sono importanti anche per il destino del processo di pace nel Paese mediorientale. Stasera a Parigi il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius vedrà i colleghi Usa John Kerry e russo Serguei Lavrov, per cercare di andare avanti nella preparazione di una nuova conferenza internzionale, in giugno a Ginevra, con l’obiettivo di mettere fine al conflitto. A Bruxelles, invece, i ministri degli Esteri Ue devono discutere del rinnovo dell’embargo sulle fornture di armi alla Siria, che scade a mezzanotte del 31 maggio.

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