Colpo di scena a Parigi, riguardo alla triste vicenda Psa (Peugeot-Citroen), colosso automobilistico traballante, che sta lasciando a casa migliaia di lavoratori: la Corte d’appello della capitale francese ha annullato oggi il piano di ristrutturazione varato dal gruppo, che prevede il taglio di 8mila posti. La ragione è puramente formale: il mancato rispetto delle norme sulle procedure di consultazione e informazione degli organi di rappresentanza dei dipendenti. Ma la sentenza ritarderà di sicuro tutto il processo. E Peugeot-Citroen, a rischio, deve fare presto.

Tutto era iniziato il luglio scorso, quando la casa automobilistica aveva annunciato la chiusura del suo impianto storico a Aulnay, nella regione di Parigi, e la soppressione globale nel Paese di 8mila posti di lavoro. Dato che la situazione finanziaria di Psa è successivamente precipitata, in realtà in dicembre il numero dei lavoratori da tagliare è salito a quota 11.200. E’ stato il sindacato Cgt, equivalente Oltralpe della nostra Cgil, di Faurecia, azienda di componenti controllata da Peugeot-Citroen, a fare causa contro i vertici del gruppo, per la mancata informazione (almeno secondo i parametri previsti dalla legge) dei comitati d’impresa sul piano di ristrutturazione. A difendere i lavoratori è stato chiamato l’abilissimo Fiodor Rilov, avvocato che nel passato aveva già vinto una causa simile contro la multinazionale Goodyear.

“E’ il primo successo nella battaglia dei dipendenti di Psa contro la chiusura di Aulnay, che in realtà è una delocalizzazione”, ha sottolineato l’avvocato. La sentenza ha preso alla sprovvista un po’ tutti. La direzione del gruppo, comunque, si è affrettata a dichiarare che “il riassetto non è sospeso, tanto meno annullato”. Un rinvio, comunque, ci sarà. Ma al ministero del Risanamento produttivo, sotto la guida di Arnaud Montebourg, non sapevano valutare in fine mattinata questo ritardo nell’applicazione del piano. Sta di fatto che, secondo diversi esperti del comparto, anche pochi mesi potrebbero rivelarsi catastrofici per Psa, che versa in gravi condizioni finanziarie. La notizia, fra l’altro, è arrivata in un momento delicato della trattativa fra i vertici del gruppo e i sindacati. La fabbrica di Aulnay è rimasta ferma dieci giorni per lo sciopero, voluto dalla Cgt. Oggi ha riaperto i battenti, grazie all’arrivo di almeno duecento dirigenti del gruppo sul posto, ma in un’atmosfera talmente tesa che la catena di montaggio è stata praticamente chiusa quasi subito.

Intanto, prima ancora che fosse resa nota la sentenza della Corte d’appello, Laurent Berger, segretario generale della Cfdt, l’altro grande sindacato, sia a livello nazionale che all’interno di Peugeot-Citroen, ha preso le distanze dalla Cgt, criticandone i metodi usati a Aulnay: “Fanno pressione – ha detto – sui lavoratori che non vogliono scioperare”. Le vendite di Psa, primo costruttore automobilistico francese, a livello mondiale sono crollate del 16,5% l’anno scorso (-14,8% in Europa). Le cose vanno solo leggermente meglio a Renault, il concorrente di sempre e secondo gruppo auto di Francia, che ha archiviato il 2012 con una flessione a livello mondiale del 6,3% e del 18% nel Vecchio continente. Anche Renault, pochi giorni fa, ha annunciato il taglio di posti di lavoro in Francia, meno 7.500 da qui al 2016. In questo modo i dipendenti del gruppo nel Paese scenderanno a quota 37.142. Oramai solo il 25% della produzione di Renault avviene in Francia, una quota che, invece, per Psa è ancora al 41%. Psa è più dipendente di Renault anche per le vendite dalla Francia, dove le immatricolazioni sono calate l’anno scorso globalmente del 13,9%. E non accennano ancora a risalire la china.

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