60mila morti. E’ questo il bilancio delle vittime in Siria in 22 mesi, ovvero dall’esplodere della rivolta contro il presidente Bashar al-Assad. Lo sostiene l’Alto Commissariato Onu per i diritti umani che ha comparato i dati di sette diverse fonti tra le quali il governo siriano. Il bilancio esatto è di 59.648 persone uccise dal 15 marzo 2011 al 30 novembre 2012. Di queste vittime si ha nome, cognome e luogo dell’uccisione. Secondo l’Alto commissario, Navi Pillay, se si considerano anche le violenze delle ultime settimane, il bilancio sale a oltre 60mila vittime, di cui 34mila solo nel 2012.

Solo nella giornata di oggi, 2 gennaio, è di almeno 120 il bilancio dei morti registrato in varie località del Paese. In particolare gran parte delle vittime si concentrano ad al-Maliha, sobborgo di Damasco, a sud-est della capitale, dove un bombardamento delle forze del regime ha colpito un affollato distributore di benzina, facendo almeno 50 morti, 70 secondo i Comitati di coordinamento locale. Altre vittime si registrano nei dintorni della capitale, a Homs, a Idlib, a Daraa, a Swaida, a Hama, a Deir ez-Zor e ad Aleppo. Oltre al raid alla stazione di servizio, un altro bombardamento aereo da parte dell’aviazione governativa ha provocato la morte di due intere famiglie che si trovavano nei pressi di un panificio a sud-ovest di Damasco. Le fonti non precisano l’esatto numero di vittime, ma affermano che “i membri delle due famiglie si trovano sotto le macerie di una palazzina colpita da barili-bomba sganciati da velivoli militari”. Ma i ribelli non stanno a guardare: hanno sferrato un attacco contro l’aeroporto militare di Taftanaz controllato dal governo nella provincia settentrionale di Idlib dove è in corso un’offensiva su larga scala contro l’esercito regolare. Sono in corso violenti scontri tra i ribelli e le forze del regime, ci sono vittime da entrambe le parti, anche se il numero è imprecisato.

Ed è di oggi la notizia che due giornalisti sono stati rapiti da quattro uomini armati. Uno è James Foley, 39 anni, freelance per diversi canali televisivi statunitensi e collaboratore della agenzia di stampa France Presse, sequestrato lo scorso 22 novembre insieme al suo autista e all’interprete, poi rilasciati. La famiglia di Foley, che inizialmente aveva chiesto il silenzio stampa, si è decisa a dare la notizia:  “Vogliamo che Jim torni a casa sano e salvo, o almeno dateci la possibilità di parlare con lui” ha detto in un appello ai rapitori il padre John. “Jim – ha continuato – è un giornalista obiettivo e chiediamo che sia rilasciato. Per favore contattateci”. Il rapimento è avvenuto nella città di Taftanaz, nella provincia di Idlib, dove il reporter viaggiava con un altro giornalista, anche lui sequestrato, ma del quale la famiglia non ha voluto rendere noti il nome e la nazionalità.

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